Il tanto atteso dossier elaborato da Ossigeno per l’informazione (l’Osservatorio sui giornalisti minacciati in Italia promosso da Fedrazione Nazionale Stampa Italiana e Ordine dei Giornalisti) dal titolo “Taci o ti querelo!” è finalmente stato pubblicato sulla base dei dati ufficiali che il Ministero della Giustizia ha fornito.
Così veniamo a conoscenza che nel biennio 2014-2015 sono stati inflitti 103 anni di carcere a un totale di 155 giornalisti, un dato così allarmante per il quale anche il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha espresso preoccupazione. Di fatto i giornalisti non sono finiti in carcere ma ciò che allarma è qualcosa di molto più sottile che ha a che fare con la libertà di espressione e, di conseguenza, di informazione, nel nostro Paese. Diritto, questo, universalmente riconosciuto ma, stando al rapporto di “Ossigeno per l’informazione”, gravemente minacciato.
Nel corso degli ultimi 2 anni i tribunali si sono espressi su 6.813 procedimenti l’anno, 5.902 dei quali penali e la restante parte civili. Facendo un calcolo neanche troppo complesso significa che ogni mese i procedimenti sono stati 567, quindi 19 al giorno.
Il Gip ne archivia il 70%, mentre il 20% si risolve in assoluzione o non luogo a procedere; “solo” 1 procedimento su 9 porta a una condanna. Ma il punto, come ben sottolinea il dossier di Ossigeno per l’informazione, non è questo bensì le pressanti condizioni in cui è costretto a lavorare il cronista, quando e se continua a farlo.
Altro aspetto su cui riflettere è il numero spropositato di infondatezza delle querele, su cui di nuovo Pietro Grasso si è soffermato: risultano prive di ragion d’essere 5.125 querele, cioè il 90% di tutte quelle a carico dei giornalisti. È evidente che dati del genere siano materiale di riflessione sull’utilizzo – evidentemente distorto – del reato di diffamazione a mezzo stampa che impiega poco a trasformarsi in un vero e proprio bavaglio.
Nel dossier leggiamo che in Italia 30 cronisti vivono sotto scorta, 3.000 hanno denunciato di aver subito delle minacce, 30.000 hanno subito intimidazioni. Quanto alle richieste di risarcimento, il rapporto indica una cifra abnorme di 45,6 milioni l’anno con ricadute negative sulle aziende editoriali. I giornalisti italiani che subiscono querela spendono annualmente un complesso di circa 54 milioni di euro per le spese legali. Alberto Spampinato, direttore di Ossigeno per l’informazione, spiega a chiare lettere: «Bisogna mettere fine a questo e introdurre modifiche legislative: in primo luogo abolire il carcere e depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa».