Sta partendo in questi giorni Terreferme, il nuovo progetto pilota di Unicef con CNCA in collaborazione con il Garante dei diritti dei minori di Palermo per sperimentare un modello di affido familiare per i migranti minorenni non accompagnati, nell’ottica di una corresponsabilità nazionale. Infatti il progetto è finanziato da Unicef e convalidato dal ministero del Lavoro e Politiche sociali, dal ministero dell’Interno, da AGIA, ANCI e AIMMF.
È stato rilevato che nel nostro Paese ci sono 18.500 minori soli, di cui il 93% è maschio e ha un’età compresa tra 15 e 17 anni e i principali Paesi di provenienza sono Gambia, Guinea ed Egitto. In Sicilia vive il 44% dei minori presenti e censiti, il che significa oltre 8.000 ragazzi.
Ecco allora che il progetto Terreferme prevede di stabilire una connessione di solidarietà tra il sistema di accoglienza palermitano e le risorse di “famiglie affidatarie” aperte all’accoglienza del CNCA. Nella città di Palermo sono presenti circa 1.000 ragazzi non accompagnati e cominceranno ad essere accolti da famiglie affidatarie in Veneto e in Lombardia, dopo che i ragazzi saranno stati ospiti in prima accoglienza nella città siciliana. Non solo; per poter garantire maggiori opportunità ai ragazzi, sarà necessario coinvolgere altri territori, per arrivare a raggiungere una vera corresponsabilità nazionale.
Su questo si esprime in modo chiaro Liviana Marelli, referente del CNCA per le politiche minorili: «La responsabilità dei minori non accompagnati, come di tutti i minori, è dello Stato, non del singolo Comune. La prima accoglienza secondo la legge deve durare al massimo 30 giorni, in realtà abbiamo ragazzi che stanno nelle strutture di prima accoglienza per mesi: per avere tempi brevi nella prima accoglienza occorre garantire molte più opportunità di seconda accoglienza e per questo è necessario coinvolgere tutto il territorio nazionale».
Stabilito questo punto di partenza, la domanda successiva per il progetto Terreferme è stata: perché non provare il sistema dell’affido, invece di smistare i ragazzi in comunità senza accompagnamento alcuno? E infatti il progetto prevede di costruire una rete di famiglie strutturate che sono già realtà del CNCA, con persone che accompagneranno fisicamente i ragazzi dalla Sicilia al Veneto o alla Lombardia, con tappe intermedie durante le quali affidabili e affidatari si potranno incontrare e conoscere, con un sistema di accompagnamento professionale come già definito dalle linee guida nazionali sull’affido.
Verrà effettuata la formazione delle famiglie (in Lombardia è già iniziata) e se funziona verrà istituita una prassi secondo la quale interverranno a sostegno finanziario anche i Comuni, che potranno usufruire dei fondi stanziati dal ministero del Lavoro per i MSNA (Minori Stranieri Non Accompagnati).
Conclude infine Liviana Marelli: «Ci siamo già riuniti per esaminare i profili dei ragazzi che potrebbero essere coinvolti. Quelli che abbiamo esaminato sono tutti africani, egiziani o subsahariani, la media è 16-17 anni ma c’è anche qualcuno di 13 anni, tutti con storie durissime alle spalle, chi viene dal Gambia o dalla Costa d’Avorio ad esempio parte da casa a 11 anni, con situazioni familiari molto disgregate, e partono all’avventura».