Il terremoto è una catastrofe capace di cancellare vite, borghi, storia e luoghi della memoria. La sua potenza devastatrice però non si ferma a contemplare solo gli aspetti esteriori delle nostre città. In molti casi, scuote dentro. Lo sanno bene le tante organizzazioni che dal 24 di agosto dello scorso anno hanno offerto servizi di ascolto e sostegno psicologico a centinaia di persone vittime di disturbi post traumatici da stress (una reazione psichica comune tra persone che hanno subito un evento di forte natura traumatica), stati d’ansia e insonnia. In senso più ampio è la paura che serpeggia tra chi ha assistito ad uno o più eventi sismici, come ha fatto notare la squadra di psicologi dell’associazione Psy + Onlus che in sinergia con InterSos dal 24 agosto scorso lavora instancabilmente per aiutare le popolazioni del Centro Italia.
Una paura che è tornata a farsi sentire due giorni fa, il 18 gennaio, portando “smarrimento e totale precarietà”. Giuseppe Scorci, psicologo e segretario generale di Psy + Onlus ha infatti spiegato: «Le nuove scosse hanno avuto un impatto abbastanza forte; abbiamo visto fenomeni regressivi, persone raccolte nelle hall degli alberghi o che hanno trascorso la notte in macchina. Anche se si tratta di un trauma collettivo, ci sono persone che hanno fragilità precedenti al sisma e necessitano di un supporto maggiore. Per loro è stato un tornare indietro, e rimettersi nella giusta direzione sarà una fatica in più». Spesso parliamo di persone con ancora negli occhi le cruente immagini del terremoto del 2009 nell’aquilano e quello successivo in Emilia, gente che si percepisce come vittima di una ciclicità “inevitabile”, tanto il trauma si è radicato nel profondo.
Il progetto nato a sostegno di costoro contempla circa 300 persone e si dipana in due fasi di intervento. La prima, inevitabilmente, è legata al tempestivo aiuto psicologico subito dopo l’emergenza. Dopo il 24 agosto la Onlus si è attivata infatti in tal senso. La seconda fase, più articolata e complessa, ha visto gli psicologi volontari assistere i terremotati nei loro spostamenti verso la costa adriatica dove si è lavorato all’elaborazione del trauma per permettere un graduale ritorno alla normalità. A questo proposito racconta ancora Scorci: «Siamo impegnati dall’immediata emergenza, subito dopo il primo sisma. A fine agosto avevamo già una squadra sul posto per valutare l’intervento. Siamo stati coinvolti da InterSos e abbiamo accompagnato le persone lungo le due fasi dell’intervento. Due lavori molto diversi: il primo di contenimento emotivo, un lavoro psicologico integrato alle attività della protezione civile e costruito sulla presenza costante 7 giorni su 7, come accade anche ora. Le persone hanno avuto come punto di riferimento sempre gli stessi psicologi. All’inizio era uno stare lì a disposizione parlando della quotidianità, del freddo, della pioggia o della scomodità dei moduli bagno. Poi emergeva il vero vissuto su cui fare un lavoro psicologico». Per quanto concerne la seconda fase di recupero che abbiamo sopra descritto più complessa e articolata, Giuseppe Scorci, ha spiegato: «Facciamo il giro degli alberghi dove sono ospitati gli sfollati e poi c’è uno sportello di ascolto, un presidio fisso in una ex scuola di San Benedetto del Tronto in cui si prendono gli appuntamenti e ci sono persone che vengono anche due volte alla settimana».
Come è facilmente intuibile, le persone che presentano maggiori difficoltà sono i bambini e gli anziani. I primi perché sottoposti prima al trauma del sisma e poi a quello dello spostamento con dei genitori – fortemente traumatizzati anch’essi – che non possono fornire un aiuto adeguato. Gli anziani perché bruscamente privati della loro casa e del contesto di origine, sottratti a una routine quotidiana confortante. Senza contare la sofferenza determinata dal distacco nei confronti delle attività di agricoltura e allevamento svolte magari per una vita intera. Facile comprendere come la sedentarietà a cui obbliga un albergo sia per loro motivo di forte disagio psichico.
Ma non mancano le buone notizie e le racconta Scorci: «Abbiamo avuto segnali importanti, come quello della banda musicale di Accumoli. Pian piano, dalla tendopoli, si sono riorganizzati mostrando una forza enorme. Hanno cominciato a suonare e fare le prove e ad essere invitati da paesi circostanti, ma non solo. Ultimamente sono stati invitati anche in Trentino. La banda rappresenta uno spaccato interessante del tessuto sociale di quei posti perché i componenti vanno dall’anziano al bambino che frequentata la scuola di musica». Molte delle persone seguite dal gruppo di psicologi volontari sono riuscite a riorganizzare la propria vita, investendo le proprie risorse in attività capaci di creare benessere personale e collettivo e comunque aggregazione sociale.
Esiste, com’è comprensibile, una forte voglia di ritornare nella propria terra e ricostruire. «Questo desiderio – conclude Giuseppe Scorci – è nettamente superiore alla paura. C’è la paura di ritornare in determinate condizioni, la paura della propria abitazione, che è qualcosa di lacerante a livello psicologico perché la casa rappresenta il luogo sicuro per eccellenza, ma il fatto di essere legati alla propria terra è quasi commovente per chi non li conosce. Sicuramente attendono con ansia il ritorno, anche nei moduli abitativi di legno».