Terzo settore: l’importanza di lavorare in rete

In occasione della recente inaugurazione della sede cosentina dell’Università del Volontariato (leggi l’articolo), la realtà già attiva a Milano, Treviso, Bologna per la formazione di volontari, associazioni ed esperti del Terzo settore, riteniamo interessante pubblicare un contributo in cui si evidenzia l’importanza, per le associazioni di volontariato, di lavorare in rete.
 
Per farlo “prendiamo in prestito” un testo diffuso dalla stessa Università, attraverso i “Quaderni dell’Università del Volontariato“, la collana di pubblicazioni dell’Ateneo a supporto dei corsi di gestione, amministrazione e promozione delle organizzazioni di volontariato. I testi sono a cura dei docenti dell’Università e sono realizzati con il contributo di Fondazione Banca del Monte di Lombardia.
 
Nel caso specifico riportiamo un capitolo (il numero 2) del quaderno “Volontariato in rete. Riflessioni, metodologie ed esperienze” a cura di Elisabetta Dodi, Evelina Raimondi e Giorgio Sordelli, rinviando all’apposito link per la lettura del testo integrale o al sito internet per maggiori informazioni sull’offerta formativa e i materiali didattici dell’Università del Volontariato.

Alcuni buoni motivi per lavorare in rete

Perché lavorare in rete? Ma, soprattutto: per quali motivi ha senso utilizzare energie e risorse per condividere con altri questo faticoso processo? Proviamo a esplorare alcune riflessioni che ci paiono anche delle buone motivazioni a sostegno del lavoro in rete. Da un lato, sempre più bandi progettuali chiedono o impongono di mettersi in rete con altri soggetti: il più delle volte vengono premiati, attraverso l’attribuzione di punteggi aggiuntivi, i progetti presentati da diversi soggetti. In altri casi, la progettazione condivisa è proprio un requisito di ammissibilità: il progetto deve essere presentato da una organizzazione in rete con altre o da un insieme di organizzazioni riunite attraverso modalità più o meno formali.

Una seconda motivazione, non meno importante, è l’appartenenza alla rete. Ogni organizzazione è parte di un sistema e vi appartiene nel senso che, lo si voglia o no, è dentro a un sistema di relazioni e vincoli che ne determinano le possibilità e le opportunità. Possiamo scegliere se collaborare o meno, se scambiare informazioni ed interagire in modo formalizzato, ma il sistema di relazioni e di vincoli definisce, di fatto, la possibilità o meno di collaborare, di avere, ricevere e usufruire di certe informazioni, di scambiare risorse, di poter o meno costruire partnership o collaborazioni. Non ultimo, attivare collaborazioni e interazioni con altri soggetti e altre organizzazioni può essere una strada importante per confrontarsi con letture, conoscenze e competenze differenti ma strategiche per riuscire a conoscere e comprendere in modo quanto più articolato e denso le persone e i problemi di cui sono portatrici. Stare in rete diventa quindi una opportunità importante per accrescere e sviluppare una conoscenza quanto più ampia, aggiornata e complessa dei problemi e dei territori nei quali si interviene e per poter quindi progettare strategie di lavoro e di intervento efficaci non solo nella risposta ai bisogni più specifici, ma anche nell’agire sulla rimozione di alcune delle cause e dei fattori che generano questi bisogni. Oggi i problemi sono sempre più complessi e chiedono strategie e approcci complessi, che sappiano integrare competenze differenti.

Nessuna associazione, nessun servizio è in grado, da solo, di intervenire in modo efficace nel miglioramento della qualità di vita delle persone. Orientarsi nella rete significa, allora, provare a mettere in rete risorse e competenze diverse che, nella loro differenza, sappiano costruire delle risposte e delle strategie tra loro complementari. Le idee nascono, infatti, all’interno di una appartenenza ad un contesto, ad una cultura; le risposte ai bisogni nascono e si sviluppano tra la gente e non al di sopra di essa. Il lavoro progettuale, dunque, è il prodotto di un processo comunicativo complesso che deve raccogliere il più ampio consenso e la più elevata partecipazione dei volontari e degli enti del territorio, anche se con responsabilità, ruoli e funzioni differenti.
Questi due elementi diventano, allora, le premesse da cui partiamo per pensare e sperimentare modalità di progettazione condivise e partecipate.

Le sollecitazioni esterne

Possiamo individuare alcuni elementi esterni che spingono nella direzione del lavoro di rete:
• Apparteniamo ad un sistema:
– esistono altri soggetti sul territorio;
– esistono altri soggetti che si occupano delle stesse cose.
• Molti bandi di finanziamento lo richiedono:
– con attribuzione di punteggio;
– come vincolo per la presentazione di un progetto.
• La complessità della realtà:
– i problemi sono complessi;
– le risposte e gli interventi non possono essere parziali o settoriali;
– i progetti devono prevedere risposte complesse e articolate.
• Le risorse necessarie:
– la complessità dei problemi richiede un’ampia gamma di competenze e risorse diversificate;
– alcuni progetti richiedono risorse elevate per una singola realtà, dal punto di vista sia umano sia economico.

I benefici per le organizzazioni

Non dobbiamo però pensare al lavoro di rete solo in termini di vincoli esterni, ma anche come un’opportunità di miglioramento per ciascuna singola organizzazione appartenente alla rete, considerato che:
• il confronto e la collaborazione con altri soggetti permette l’ampliamento degli orizzonti culturali e operativi, consentendo un miglioramento nel modo di affrontare le problematiche quotidiane;
• una conoscenza e comprensione dei problemi e dei fenomeni sociali meno parcellizzata e più aggiornata permette alle organizzazioni di verificarsi e aggiornarsi rispetto alle proprie competenze e alle proprie scelte e priorità;
• l’appartenenza alla rete costituisce un’opportunità di apprendimento e di valorizzazione delle proprie  esperienze;
• l’appartenenza alla rete permette lo scambio di risorse informative, umane ed economiche;
• la partecipazione ad una rete consente l’acquisizione di competenze nella gestione di reti, che possono essere riproposte in altre esperienze;
• l’adesione e la partecipazione attiva alla rete contribuiscono a migliorare il riconoscimento dell’organizzazione all’esterno; il riconoscimento costituisce una ricchezza che può essere impiegata nelle relazioni con altri soggetti individuali (per esempio può incentivare l’acquisizione di nuovi volontari) e collettivi (per esempio può permettere l’acquisizione di legittimazione nelle relazioni istituzionali);
• l’adesione alla rete consente di ridurre i costi derivanti dalla eventuale duplicazione degli interventi nel medesimo settore condotti da organizzazioni diverse e ne permette la razionalizzazione; le risorse liberate possono essere impiegate nell’attivazione di altri servizi o nel sostegno stesso della rete;
• stare nella rete consente l’acquisizione di abilità nella gestione di tecnologie comunicative e, più in generale, permette l’accesso ad innovazioni significative nel campo della progettazione e dell’intervento;
• stare in una rete significa valorizzare i propri sguardi e le proprie competenze in una visione maggiormente politica e strategica degli interventi.

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Redazione