Sembra cosa fatta. Le forze politiche hanno raggiunto l’accordo per portare in approvazione definitiva la legge sul biotestamento.
Forse le importanti dichiarazioni di papa Francesco contro l’accanimento terapeutico (leggi l’editoriale) avranno aiutato alcuni parlamentari cattolici a rompere gli indugi. Forse sarà stato il pressing di Pisapia e delle associazioni impegnate sul tema del fine vita. Forse un pizzico di cinismo che consiglia alle maggiori forze politiche di presentarsi alla scadenza elettorale con un risultato “spendibile” e con una omissione in meno.
Fatto sta che il risultato sembra a portata di mano.
Tuttavia è bene non dare nulla per scontato. E così, ieri, sulla mia casella di posta elettronica è arrivata una sollecitazione a sottoscrivere l’appello del comitato #fatepresto (clicca qui per firmare) al presidente del Senato e ai capigruppo parlamentari per l’approvazione della legge sul testamento biologico. L’iniziativa prende le mosse da alcuni interventi di Michele Gesualdi, allievo di don Milani, a lungo presidente della Provincia di Firenze ma, soprattutto, persona che da qualche anno lotta contro la Sla.
ll 13 marzo 2017 Gesualdi, ha scritto una lettera aperta al presidente della Camera dei Deputati, al presidente del Senato e ai capigruppo parlamentari per affrettare la legge sul testamento biologico. Il primo novembre l’edizione fiorentina del quotidiano La Repubblica, con grande rilievo, ha pubblicato il testo integrale. Una riflessione profonda, dolorosa; un appello laico da parte di un credente; parole che meritano rispetto e grande attenzione.
Eppure così non è stato se due giorni fa FirenzeToday ha dovuto dare spazio a un nuovo appello di Gesualdi: “Nel dubbio che non abbiate ricevuto la lettera con la quale vi supplicavo di approvare la legge sul testamento biologico vi rinnovo la mia preghiera di mettere la legge all’ordine del giorno entro fine legislatura in modo da tutelare le tante famiglie sole, che in questo momento lottano con il dolore e la sofferenza e senza la garanzia certa che la volontà del loro caro sia rispettata”.
Avvertiamo l’esigenza di proporre ai lettori di Felicità Pubblica la lettura del primo appello di Michele Gesualdi. Ci piace pensare che papa Francesco avesse nella mente queste parole quando ha preso posizione contro l’accanimento terapeutico. Ma, soprattutto, ci piacerebbe che tutti i nostri parlamentari posassero gli occhi su queste righe, si fermassero a riflettere su questo messaggio prima di esprimere il proprio voto. In piena e libera coscienza.
Mi chiamo Michele Gesualdi, qualcuno di voi probabilmente ha sentito parlare di me perché sono stato presidente della provincia di Firenze per due legislature e allo scadere dei mandati sono stato sostituito da Matteo Renzi.
Oggi vi scrivo per implorarvi di accelerare l’approvazione della legge sul testamento biologico, con la dichiarazione anticipata di volontà del malato, perché da tre anni sono stato colpito dalla malattia degenerativa Sla e alcuni sintomi mi dicono che il passaggio al mondo sconosciuto non potrebbe essere lontano.
I medici mi hanno informato che in caso di grave crisi respiratoria può essere temporaneamente superata con tracheotomia come in caso di ulteriore difficoltà a deglutire si può ricorrere alla Peg (Gastrotomia endoscopica percutanea).
La Sla è una malattia spaventosa, al momento irreversibile e incurabile. Avanza, togliendoti giorno dopo giorno un pezzo di te stesso: i movimenti dei muscoli della lingua e della gola, che tolgono completamente la parola e la deglutizione, i muscoli per l’articolazione delle gambe e delle braccia, quelli per il movimento della testa, e respiratori e tutti gli altri. Alla fine rimane un scheletro rigido come se fosse stato immerso in una colata di cemento. Solo il cervello si conserva lucidissimo insieme alle sue finestrelle cioè gli occhi, che possono comunicare luce ed ombre, sofferenza, rammarico per gli errori fatti nella vita, gioia e riconoscenza per l’affetto e la cura di chi ti circonda.
Se accettassi i due interventi invasivi mi ritroverei uno scheletro di gesso con due tubi, uno infilato in gola con attaccato un compressore d’aria per muovere i polmoni e uno nello stomaco attraverso il quale iniettare pappine alimentari.
Per quanto mi riguarda in modo molto lucido ho deciso di rifiutare ogni inutile intervento invasivo ed ho scritto la mia decisione chiedendo a mia moglie di mostrarla ai medici affinché rispettino la mia volontà.
Quando mia moglie e i miei figli mi hanno visto ridotto ad uno scheletro dovuto alla difficoltà di deglutire, mi hanno implorato di accettare almeno l’intervento allo stomaco per essere alimentato artificialmente perché sarebbe stato un dono anche un solo giorno in più che restavo con loro. Questo mi ha messo in crisi e ho ceduto anche per sdebitarmi un po’ nei loro confronti. A cosa fatta, confermo tutti i motivi dei miei rifiuti, che consistono nel fatto che non sono interventi curativi, ma solo finalizzati a ritardare di qualche giorno o qualche settimana l’irreparabile, che per il malato, significa solo allungare la sofferenza in modo penoso e senza speranza.
Per i malati di Sla la morte è certa, e può essere atroce se giunge per soffocamento. C’è chi sostiene che rifiutare interventi invasivi sia una offesa a Dio che ci ha donato la vita. La vita è sicuramente il più prezioso dono che Dio ci ha fatto e deve essere sempre ben vissuta e mai sprecata. Però accettare il martirio del corpo della persona malata, quando non c’è nessuna speranza né di guarigione né di miglioramento, può essere percepita come una sfida a Dio. Lui ti chiama con segnali chiarissimi e rispondiamo sfidandolo, come se si fosse più bravi di lui, martoriando il corpo della creatura che sta chiamando, pur sapendo che è un martirio senza sbocchi.
Personalmente vivo questi interventi come se fosse una inutile tortura del condannato a morte prima dell’esecuzione. Come tutti i malati terminali negli ultimi 100 metri del loro cammino, pregano molto il loro Dio, e talvolta sembra che il silenzio diventi voce e ti dica: “Hai ragione tu, le offese a me sono altre, tra queste le guerre e le ingiustizie sociali perpetuate a danno della umanità. Chi mi vuole bene può combatterle con concrete scelte politiche, sociali, sindacali, scolastiche e di solidarietà”. Di fronte a queste parole rimane una grande serenità che ti toglie la voglia di piangere e urlare. Ti resta solo l’angoscia per le persone che ami e che ti amano. Quando mia moglie ha saputo che in caso di crisi respiratoria durante la notte non ha altra scelta che chiamare il 118 e che il medico di bordo o quelli del pronto soccorso, possono rifiutarsi di rispettare la volontà del malato e procedere ad interventi invasivi, si è disperata e mi ha detto: “Se ti viene di notte una crisi forte non posso chiuderti in camera e assistere disperata in silenzio a vederti morire. Sarebbe per me un triplice dramma: tremendamente sola di fronte alla tragedia, non poter corrispondere a un tuo desiderio, anche se sofferta da me e dai figli e l’immenso dolore di perderti”.
Per l’insieme di questi motivi sono a pregarvi di calarvi in simili drammi e contribuire ad alleviarli con l’accelerazione della legge sul testamento biologico. Non si tratta di favorire la eutanasia, ma solo di lasciare libero, l’interessato, lucido cosciente e consapevole, di essere giunto alla tappa finale, di scegliere di non essere inutilmente torturato e di levare dall’angoscia i suoi familiari, che non desiderano sia tradita la volontà del loro caro.
La rapida approvazione delle legge sarebbe un atto di rispetto e di civiltà che non impone ma aiuta e non lascia sole tante persone e le loro famiglie.