di Francesco Lo Piccolo.
Ho ripreso tra le mani 1984 di George Orwell, edizione degli Oscar Mondadori, stampato nel 1982, racconto fantastico e pauroso, feroce critica dei sistemi totalitari, dello stalinismo soprattutto. L’ho recuperato tra gli scaffali della mia libreria, nascosto tra altri vecchi volumi: pagine ingiallite, odore di antico, ricordi. Sfoglio le pagine e rivivo la vita immaginata da Orwell e vissuta da Winston e da Julia, funzionari di partito, funzionari in divisa, disciplinati, attaccati al teleschermo, storditi da notizie, propaganda, musiche. “La guerra è pace” è uno degli slogan del partito stampato sulla facciata bianca del palazzo che ospita il Ministero della Verità.
Me lo porterò in vacanza questo vecchio “1984”. Per dimenticare, se possibile, questa estate cominciata con le terribili immagini dei morti vittime dei terroristi che si rifanno all’Isis e che nell’Isis hanno trovato bandiera e identità. E lo rileggerò con attenzione anche se già so che quello che Orwell ha scritto nel 1948 è quello che stiamo vivendo oggi. Oggi dove tutto è stravolto, dove il pensiero è un grande luogo comune, dove il conformismo è la nostra regola, dove il pensiero è sempre più chiacchiera da bar. E dove anche noi oggi “portiamo la guerra per portare la pace”.
Un mese fa, studiando E. Kant mi è capitato questo passo del grande filosofo dell’illuminismo: “Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. …Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza … La pigrizia e la viltà sono le cause per cui tanta parte degli uomini, dopo che la natura li ha da lungo tempo affrancati dall’eterodirezione, tuttavia rimangono volentieri minorenni per l’intera vita e per cui riesce tanto facile agli altri erigersi a loro tutori. E’ tanto comodo essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che decide per me sulla dieta che mi conviene, ecc., io non ho più bisogno di darmi pensiero per me. Purché io sia in grado di pagare, non ho bisogno dì pensare: altri si assumeranno per me questa noiosa occupazione”.
Queste cose Kant le scriveva nel 1784 nel suo “Che cos’è l’illuminismo”. Un piccolo testo, ma denso, come tutti i suoi testi. Di fatto un monito agli uomini perché cominciassero a pensare da soli, con la propria testa. Beh, mi porterò in vacanza anche Kant: per capire un po’ di più e per leggere il mondo e quello che ci sta capitando ben lontano dalle influenze del “Grande Fratello”, non solo dal teleschermo di Orwell, ma da tutto quello che ogni giorno ci viene propinato in tutte le salse da giornali, Tv e media: ovvero che il mondo è diviso in buoni e in cattivi, in noi e loro. Bell’imbroglio davvero, trucco perfetto affinché non sia chiaro che in realtà il mondo non è affatto diviso in noi e loro, ma in quell’uno per cento che ha il 99% della ricchezza e dei beni prodotti e quel 99 per cento che pur producendo la quasi totalità dei beni ha solo l’un per cento.
E c’è anche un altro libro che mi porterò in vacanza. Si intitola “Consumati. Da cittadini a clienti” ed è un saggio del politologo Benjamin Barber, dove i consumati siano noi. Noi consumati dal consumismo, dalla corsa alle merci, tutti plasmati e modellati. Appunto senza più la capacità di pensare con la propria testa, noi stessi merci di un mondo che non fornisce più beni, ma che crea solo bisogni. In sostanza tutti costretti a vivere dentro una nuova forma di cultura consumistica che incoraggia gli adulti a restare bambini il più a lungo possibile e che fa di tutto per far diventare i bambini dei perfetti consumatori. Consumatori e consumati, appunto.
Appunto incapaci di pensare con la nostra testa, di vedere le cose con i nostri occhi, di capire che il Ministero della Verità ci sta ingannando. Che la guerra non è pace, e perché, come ha detto Papa Francesco, non c’è guerra di religione, ma c’è guerra di interessi, per i soldi, per le risorse naturali, per il dominio dei popoli.