Purtroppo lo sanno anche i meno esperti: il tumore del rene è uno dei più difficili da trattare e spesso la prognosi del paziente è tutt’altro che incoraggiante. Tuttavia, arrivano buone notizie dai risultati ottenuti con l’immunoterapia che ha evidenziato una certa efficacia anche nei casi più difficili. Il 77% dei pazienti trattati con la molecola immunoterapia nivolumab è vivo a 9 mesi dalla terapia.
I risultati sono stati presentati al congresso di Asco (Società americana di oncologia clinica) basandosi su una sperimentazione condotta in Italia su 389 persone provenienti da 94 centri. Tra i pazienti sono stati presi in considerazione anche i più “vulnerabili”, vale a dire anziani, persone con metastasi in corso e casi complessi che – spesso – vengono esclusi dagli studi clinici.
Ebbene, la prima risposta è positiva e apre il campo a maggiori possibilità e potenzialità in ambito immunologico. «Siamo di fronte alla più importante esperienza al mondo nell’uso di nivolumab nella pratica clinica – ci spiega Ugo De Giorgi, Responsabile dell’Oncologia Urologica e Ginecologica all’IRST IRCCS Istituto tumori della Romagna di Meldola – visto che abbiamo anche coinvolto malati poco o per nulla rappresentati nello studio clinico registrativo del nivolumab, come gli anziani e le persone in fasi molto avanzate».
Infatti, anche nei casi di pazienti particolarmente critici con tumore al rene, il nivolumab è stato ben tollerato dimostrandosi efficace. I risultati che poi si sono espressi in termini di sopravvivenza hanno convinto sull’importanza di proseguire e allargare il trattamento in questi termini.
Per un cancro notoriamente difficile da trattare, come è appunto il tumore del rene, si tratta di un traguardo importante che dimostra sempre più quanto l’immuno-oncologia risulti valida e capace di intervenire anche nei casi di prognosi sfavorevoli.