In questa pagina dedicata al partenariato pubblico-privato abbiamo preso in esame più volte l’esperienza delle cooperative di comunità. Vogliamo tornare oggi sull’argomento per considerare una declinazione particolare di queste esperienze: il turismo di comunità.
Come è noto le cooperative di comunità, per loro natura, sono indissolubilmente legate a processi di sviluppo locale, tanto più decisivi in aree interne e montane interessate da fenomeni di progressivo spopolamento. Queste aree in moltissimi casi hanno qualità ambientali di assoluto pregio e, quindi, potenzialmente potrebbero mettere in campo alti livelli di attrattività per attività turistiche “sostenibili e responsabili”. Volendo semplificare potremmo sostenere che alcune aree interne costituiscono terreno di elezione per sperimentare programmi di sviluppo basati sul turismo responsabile e gestiti da cooperative di comunità. L’esito di questo percorso consiste nella promozione di esperienze originali di turismo di comunità.
È quanto hanno fatto, con successo, la Cooperativa di Comunità Valle dei Cavalieri di Succiso e la Cooperativa di Comunità I Briganti di Cerreto di Cerreto Alpi nel comune di Collagna, entrambe operanti nel Parco Nazionale Appennino Tosco Emiliano.
A riprova delle potenzialità di questo modello di intervento qualche giorno fa la Cooperativa Valle dei Cavalieri ha festeggiato i suoi primi 25 anni di attività alla presenza del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti.
La Gazzetta di Reggio, nel dare conto dell’evento, afferma: “La Valle dei Cavalieri, che gestisce attività agricole e boschive, oltre a un ristorante e a un centro di produzione di formaggio pecorino, è nata nel 1991 come tentativo di contrastare lo spopolamento della zona, in un paese che ancora portava le ferite delle frane che decenni prima avevano fatto trasferire gran parte degli abitanti dalla vecchia Succiso all’attuale “Succiso nuova”.
In questi anni è diventata una realtà che coinvolge una buona fetta degli abitanti dell’area attorno all’Alpe di Succiso e, spinta da Legacoop e dal Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, è diventata un simbolo internazionale delle cosiddette cooperative di comunità, che racchiudono attorno a sé, appunto, un’intera comunità rurale”.
Prendendo spunto da questa occasione proponiamo alcuni stralci di un interessante documento sul turismo di comunità di Maurizio Davolio, Presidente dell’AITR – Associazione Italiana Turismo Responsabile – associazione di secondo livello che raggruppa associazioni, organizzazioni e cooperative che svolgono attività nel campo del turismo responsabile. Per la consultazione del testo integrale si rinvia alla pagina web.
TURISMO DI COMUNITÀ di Maurizio Davolio
Il concetto di turismo di comunità
Esistono varie definizioni di turismo di comunità, che presentano fra di loro forti analogie e alcune differenze, che derivano verosimilmente da sensibilità diverse ed esperienze maturate in contesti particolari; ma si tratta tutto sommato di sfumature, di sottolineature più che di differenze di sostanza (…)
(…) gli aspetti salienti del turismo di comunità possono essere così riassunti:
- ruolo della comunità locale nel decidere la programmazione e la gestione del turismo; la comunità può anche decidere di non volere il turismo;
- ricadute economiche eque sulla comunità, anche in termini di sostegno a progetti di interesse collettivo;
- sostenibilità ambientale del turismo, anche attraverso l’accoglienza a piccoli gruppi;
- rispetto della cultura tradizionale e delle strutture sociali;
- difesa della comunità locale dagli impatti esterni, che possono essere ridotti anche attraverso un’adeguata preparazione dei turisti al viaggio;
- no alla folclorizzazione e banalizzazione della vita e della cultura locale.
(…) alcuni aspetti aggiuntivi. Viene menzionato uno degli effetti positivi del turismo di comunità: non soltanto la collettività riceve un beneficio dal turismo, ma acquista anche consapevolezza del valore sociale e anche commerciale del proprio patrimonio naturalistico e culturale ed è pertanto stimolata alla sua conservazione.
Si entra anche nel merito della qualità del servizio di ospitalità e di aspetti di natura organizzativa: standard adeguati ad ospiti che vengono, si dice, dall’Occidente (cioè da paesi ricchi), ancorché preparati a una ospitalità rurale semplice, accesso al telefono, esistenza della posta elettronica.
Viene citata la possibilità di collaborazione commerciale con partner imprenditoriali anche esterni alla comunità, ma che si dichiarano d’accordo sull’obiettivo di sostenere lo sviluppo della comunità e di pianificare il turismo in partenariato con la comunità stessa. Dunque, esclusione di forme di imprenditorialità di rapina o speculative.
(…) Vengono posti in evidenza alcuni aspetti particolarmente significativi: il turismo di comunità come componente e risultato di una strategia generale di sviluppo di un territorio; il suo impatto non solo economico ma anche strutturale e infrastrutturale (costruzione di edifici, strade, attivazione di servizi) ma pur sempre in un quadro di sovranità della popolazione nell’assumere le decisioni, di rispetto della cultura locale, di sostenibilità ambientale e di condivisione dei benefici generati dal turismo.
Viene anche posta in rilievo la possibilità offerta ai visitatori o ospiti di condividere con gli abitanti e componenti della comunità la vita culturale, le tradizioni, la cucina, la musica, in un contesto di rispetto reciproco.
(…)
Le condizioni
Questa pur breve e necessariamente incompleta rassegna di esperienze avviate ci permette di passare ad una seconda fase di trattazione della materia, quella dedicata all’analisi delle condizioni per poter procedere all’avvio di una iniziativa di turismo di comunità in Italia.
Si tratta di una materia complessa, che ha implicazioni di natura diversa, sociale, culturale, economica, giuridica e che pertanto non ha soluzioni univoche e immodificabili. I percorsi che possono essere seguiti sono molto diversi fra di loro, con tante variabili e alternative. Però possiamo delineare alcune piste.
Innanzi tutto l’esistenza di una comunità, cioè di un nucleo di persone che vivono nello stesso luogo, affrontano più o meno gli stessi problemi e condividono un’idea, un progetto, degli obiettivi. Dall’esterno possono pervenire dei rinforzi, ad esempio abbiamo verificato che gli emigrati, pur non facendo più parte, in senso stretto, della comunità locale, possono intervenire con un appoggio alle iniziative, rendendo ad esempio disponibili immobili di loro proprietà (si pensi al caso degli alberghi diffusi) o mettendo in campo delle risorse economiche. L’associazione culturale di Cerreto Alpi conta circa 500 iscritti a fronte di una popolazione di 70 abitanti.
La comunità locale è però quella costituita dagli abitanti stabili, da coloro che attraverso il turismo di comunità individuano degli obiettivi di comune interesse: rendere attraente il loro paese, valorizzarne la storia, i monumenti, le bellezze naturali, la cultura, i prodotti; organizzare insieme l’accoglienza e l’ospitalità; stabilire un rapporto cordiale e amichevole con gli ospiti; trarre dall’attività turistica dei benefici economici e di lavoro in forma il più possibile equa, e cioè, ben distribuita.
La distribuzione equa delle ricadute economiche appare molto importante per creare e mantenere consenso attorno all’iniziativa ed evitare e prevenire le possibili rivalità, gelosie, incomprensioni che si generano quando ci sono pochi che guadagnano e molti che restano a bocca asciutta. Sia ben chiaro, possono esserci persone che non intendono trarre vantaggi economici dall’iniziativa ma che sono soddisfatti per il fatto stesso di parteciparvi, e che pertanto operano in una logica di volontariato; ad esempio, persone molto anziane, che sono disponibili a raccontare agli ospiti vecchie storie del paese, a mostrare raccolte di foto o collezioni, ad accompagnare i turisti per le vie spiegando le insegne, i toponimi, mostrando le maestà, le fontane, il lavatoio, descrivendo la vita del passato, gli usi e i costumi….come fanno nelle città i greeters, che accompagnano gratuitamente i loro ospiti per qualche ora, mostrando la vita di tutti i giorni e le cose curiose che sfuggono alle guide turistiche. Ci sono persone che preferiscono la gratuità anche per evitare complicazioni di natura fiscale, altre che non saprebbero come fare per farsi retribuire. Ma coloro che svolgono una attività di servizio nel progetto devono di norma essere regolarmente ed equamente retribuita.
La valorizzazione dell’identità
Nell’ambito della comunità va compiuta una azione profonda di scouting per individuare chi è nelle condizioni di offrire qualcosa di interessante, partendo dall’assunto che può risultare interessante per il turista o visitatore ciò che appare banale al residente: ad esempio, un antico mestiere tradizionale, come lo scalpellino. Dunque, vanno tenute in grande considerazione le botteghe artigiane, se possibile offrendo all’ospite anche la possibilità di provare a realizzare un oggetto o di contribuirvi. Lo acquisterà poi molto volentieri, perché entrerà a far parte del cosiddetto bottino del viaggio cioè di tutti quegli oggetti (ma anche ricordi) che sono in qualche modo correlati al viaggio, possono essere riportati a casa e mostrati agli amici (fotografie, video, souvenir, prodotti tipici locali e dell’artigianato).
Anche le produzioni agricole tradizionali rivestono un grande interesse: piantagioni, orti, frutteti, vigne, allevamenti di ogni genere, caseifici, cantine, salumifici, acetaie, frantoi…. La visita deve essere arricchita da idonee spiegazioni, assaggi, a volte dalla possibilità di partecipare alla lavorazione a titolo, ovviamente, dimostrativo ed esperienziale, fino all’acquisto dei prodotti. A tutti piace produrre qualcosa, gli oggetti prodotti personalmente hanno un valore molto maggiore rispetto a quelli acquistati, pertanto è davvero importante, quando possibile, far partecipare il visitatore ad una fase lavorativa e produttiva.
Le tradizioni culturali possono certamente costituire una attrattiva. Sagre, fiere, processioni, feste, mercati, manifestazioni di culto vanno fatti conoscere, recuperati se nel corso degli anni sono stati abbandonati e forse anche dimenticati. Importante è mantenere l’autenticità, gli eventi non devono essere modificati, abbreviati, spostati di data per far piacere ai visitatori; bisogna ricordare che i visitatori devono adeguarsi alla vita delle località che visitano e non i residenti a loro. Ogni evento va adeguatamente spiegato in quanto si può apprezzare solo ciò di cui si comprende il significato. Il turismo di comunità si rivolge in genere a persone di palato fine, di livello culturale elevato, persone che si accorgono immediatamente di ciò che è falso, artefatto, come si dice adesso, “taroccato”.
La cultura locale pertanto non va banalizzata né resa un fatto di puro folclore, vanno respinte le azioni cosiddette di “staged authenticity”, cioè l’autenticità rappresentata.
Ciò non esclude che nella valorizzazione e rappresentazione di un evento storico culturale si possa seguire un percorso di riscoperta, riappropriazione, rilettura con elementi anche evolutivi, tenendo presente che la cultura stessa è soggetta ad evoluzione e che ai rischi della banalizzazione, della folclorizzazione e dello stravolgimento si contrappone quello della musealizzazione, cioè di una presentazione fissa, senza vita e senza anima (e pertanto, di minore interesse e di scarsa capacità attrattiva).
L’attrattività
A questo proposito va ricordato che stiamo parlando di turismo. Di comunità, ma turismo. Il turismo si nutre di cultura, così come si nutre di natura, divertimento, sport, gioco ecc., ma non coincide con la cultura, ha obiettivi diversi. Nel turismo deve assolutamente esserci attrattività.
In ogni destinazione turistica devono esistere degli elementi di attrattività, e di ciò devono tenere conto anche coloro che intendono avviare forme di turismo di comunità, se vogliono evitare delusioni. La vita del visitatore con la comunità e nella comunità deve presentare elementi attraenti, che diano emozioni, stimoli, sensazioni, sorprese. A Cerreto Alpi gli ospiti vedono all’imbrunire, dalle altane, i cinghiali, i cervi e i caprioli che escono dal bosco; dormono nell’antico mulino di fianco alle macine; assaggiano i piatti a base di farina di castagne, la farina prodotta nel metato dove vengono essiccate le castagne provenienti dai castagneti che circondano il paese; ascoltano il vecchio del paese che narra le storie di 60 anni fa; attraversano i boschi con le ciaspole nella neve; pescano le trote; provano l’emozione del wolf howling.
L’esplorazione degli elementi di attrattività va estesa ai fatti storici accaduti nel luogo, che possano destare interesse nei visitatori, sapendo però che il fatto storico in sé stesso non è particolarmente interessante se non permane in loco qualche suo segno visibile, come un luogo fisico identificabile, un documento d’archivio, un quadro d’epoca, una testimonianza (può trattarsi anche di un fatto relativamente recente, ad esempio, un fatto di cronaca).
Anche attività illegali del passato possono costituire elemento di attrattiva, dovuto al fascino che trasgressione e avventura esercitano su tutti noi; abbiamo visto riscoprire in certi luoghi dell’America Latina attività illegali o criminose del passato come la pirateria, il bracconaggio (per fame), il contrabbando. È però opportuno che si tratti di attività collocate davvero nel lontano passato, altrimenti si rischia di essere accusati di apologia di reato.
Le persone illustri o famose, nate o vissute nella località, costituiscono, se così ci si può esprimere, un elemento di attrattività, purché sia possibile vedere e incontrare i segni della loro vita o della loro attività. Personaggi politici, poeti, artisti, musicisti, scienziati, sportivi… vanno tutti bene, è importante che siano visibili i luoghi della loro nascita, vita e attività e, se ancora viventi, sia possibile, sia pure forse solo casualmente, incontrarli. A volte queste persone possono anche essere disponibili a incontri organizzati, e ciò può costituire una gradita sorpresa per i visitatori. Gli incontri e le visite che capitano al di fuori del programma possono costituire un arricchimento del soggiorno, gradito e apprezzato proprio perché inatteso. Così come provocano delusione e anche irritazione le cancellazioni di parti del programma, seppure non dovute alla responsabilità degli organizzatori, nello stesso modo provocano piacevole stupore e soddisfazione le aggiunte inaspettate.
Si tratta di opportunità (visite, incontri, partecipazione a momenti della vita locale, interrelazioni personali) che dipendono in larga misura dalle scelte che la comunità compie in relazione al grado di profondità cui intende pervenire nel rapporto con i visitatori, gli ospiti.
Le attrazioni artificiali
Si tratta di un tema delicato, su cui è lecito aspettarsi opinioni diverse, derivanti da sensibilità e approcci personali che hanno tutti una loro rispettabilità.
Oggi hanno un grande successo nel turismo, in particolare montano, iniziative imprenditoriali e attività all’aria aperta che una decina di anni fa non esistevano o erano agli albori: i parchi avventura, il canyoning o torrentismo, il canopy; sono attività che non hanno nulla in comune con la storia dei luoghi, con le tradizioni, con la cultura locale. Sono compatibili con il turismo di comunità? O ne costituiscono uno stravolgimento? Rappresentano la negazione dei fondamenti concettuali del turismo di comunità o costituiscono un prezioso e attraente arricchimento dell’offerta turistica?
Non è facile rispondere a questa domanda. I Briganti di Cerreto hanno optato per la tesi della compatibilità. Collaborano intensamente con il vicino Parco Cerwood, uno dei primi parchi avventura ad essere nato in Italia e uno dei più grandi e affermati (e che svolge anche un’attività di educazione ambientale per le scuole), e collaborano con le guide alpine che propongono il canyoning nella spettacolare gola del torrente che scorre vicino al Mulino.
La scelta ha prodotto ricadute importanti in termini di arrivi, di presenze, di indotto economico. Optare per una scelta favorevole richiede però l’adozione di misure e accorgimenti appropriati.
Innanzi tutto, ci si può aprire a nuove forme di fruizione del territorio se queste sono rispettose dell’ambiente; no al motocross e ai quad, ad esempio.
Secondo, le nuove attività vanno il più possibile inserite in un contesto di soggiorno che mantiene i tratti caratteristici del turismo di comunità.
Terzo, non devono costituire un’iniziativa del tutto avulsa e indipendente dalla gestione cooperativa dell’offerta turistica.
In conclusione, le attività all’aria aperta emergenti e innovative, che riscuotono ormai un successo strepitoso (circa 150 Parchi Avventura in Italia…), possono entrare a far parte dell’offerta di turismo di comunità non solo perché accrescono l’attrattività del territorio e producono preziose occasioni di lavoro aggiuntivo, ma anche perché sono decise dalla cooperativa, non producono un pesante impatto ambientale, entrano a far parte di un programma di soggiorno che resta ancorato prioritariamente ai valori e ai principi del turismo di comunità. (…)