Ieri, nell’articolo dal titolo “Immigrazione: tutti i numeri dell’emergenza internazionale” (leggi l’articolo), la redazione di Felicità Pubblica ha illustrato i tratti essenziali del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016 curato anche quest’anno da Anci, Caritas Italiana, Cittalia, Fondazione Migrantes, Servizio Centrale dello Sprar in collaborazione con Unhcr.
Vorremmo riprendere la riflessione avviata a partire da un’affermazione di Federica Mogherini, vice-presidente della Commissione Europea e Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, contenuta nella sua prefazione. “Questo volume racconta una bella storia di ospitalità e di integrazione, che non riguarda solo il governo centrale del nostro Paese, o poche grandi strutture d’accoglienza. Si è mobilitata l’Italia intera: comuni, comunità, famiglie, che hanno accettato di condividere parte delle loro vite con chi fugge da guerra e persecuzione. È un esempio di responsabilità preziosa per tutta l’Europa, che è utile raccontare e sostenere. Troppo spesso ci concentriamo solo sulle situazioni difficili e si dimenticano centinaia di realtà dove l’accoglienza è un’esperienza positiva”.
Purtroppo non ci sono solo esperienze positive. Non a caso, durante la presentazione del Rapporto, che ha avuto luogo a Roma presso la sede dell’Anci, il direttore generale della Fondazione Migrantes, monsignor Gian Carlo Perego ha sostenuto che “l’analisi dei dati dell’ultimo anno evidenzia la crescita del numero delle accoglienze in strutture precarie e straordinarie (oltre il 300% in tre anni), mentre il numero delle persone richiedenti asilo e rifugiati negli SPRAR è aumentata solo del 20%. Tutto questo conferma la necessità di continuare un impegno di accoglienza diffusa e organica sul territorio nazionale, a tutela di un diritto fondamentale, quale è l’asilo”. “Anche la situazione dei minori non accompagnati, quasi raddoppiati nel 2016 rispetto al 2015 – ha proseguito Perego – vede ancora un’accoglienza in strutture straordinarie (12.000 su 14.000)”.
Per altro verso il segretario generale dell’Anci, Veronica Nicotra ha evidenziato che in tempi ragionevoli è auspicabile “passare da una gestione emergenziale del fenomeno migratorio, tutta imperniata sul canale prefettizio di accoglienza, ad un sistema strutturato che punti sul ruolo dei Comuni e sul modello dello Sprar. Un modello che ha il vantaggio di puntare tutto sulla programmazione dei Comuni condivisa con il mondo associativo per favorire un’integrazione reale degli immigrati”.
Il sindaco di Prato e delegato Anci all’Immigrazione, Matteo Biffoni, ha messo in evidenza che il nostro Paese sarebbe in grado di gestire adeguatamente il fenomeno immigrazione “se il piano di riparto dei migranti, concordato e sottoscritto in Europa, partisse veramente ed in Italia si andasse alla graduale conversione del sistema di accoglienza verso il modello Sprar, considerando anche i 280 milioni di euro stanziati dal governo per il 2017”.
Il sottosegretario del Ministero dell’Interno, Domenico Manzione nel suo intervento ha affermato che “la crescita impetuosa del sistema di accoglienza, passato in tre anni da 23 mila a 172 posti ha di certo prodotto situazioni di squilibrio, come la sproporzione tra centri prefettizi e progetti Sprar. Il nostro impegno, in perfetta intesa con Anci, va tutto verso una migliore distribuzione sul territorio degli immigrati: lo dimostrano alcuni tasselli degli ultimi mesi, come gli incentivi per il superamento del patto di stabilità per il personale che lavora in accoglienza, inserito nel decreto fiscale, ed altre misure mirate della legge di Stabilità”.
In conclusione il presidente di Cittalia, Leonardo Domenici ha ricordato che la terza edizione del rapporto (…)“ha anche il pregio di valutare dal punto di vista storico l’evoluzione dei processi reali, politici, istituzionali e normativi legati all’immigrazione. Senza dimenticare di fornire suggerimenti pratici che arrivano dagli operatori del settore dell’accoglienza”.
Ed è proprio sui suggerimenti e sulle raccomandazioni che vorremmo focalizzare l’attenzione dei lettori di Felicità Pubblica, proponendo nell’approfondimento odierno le indicazioni fornite per l’accoglienza alle frontiere (prima parte), rinviando a domani le indicazioni per il livello nazionale e per le politiche e strategie orientate all’inserimento socio-economico.
Per consultare il testo integrale del Rapporto si rinvia alla pagina web.
RACCOMANDAZIONI (prima parte)
Alle frontiere. Ribadiamo un approccio orientato alla tutela dei diritti umani
Anche nell’ultimo anno l’Unione Europea, di fronte alla perdurante crisi internazionale, ha tentato di dare una risposta alle centinaia di migliaia di richiedenti la protezione internazionale che, nel frattempo, hanno raggiunto il territorio dei paesi membri. Evidentemente le soluzioni prospettate dall’Ue ed implementate dai singoli Stati non sono state nè omogenee, nè sempre orientate alla tutela dei diritti umani. Purtroppo è mancato il necessario bilanciamento tra la sicurezza interna dei singoli Stati e dell’Unione Europea da un lato, e l’effettiva protezione dei migranti forzati dall’altro. Si è assistito, invece, ad una contrapposizione che ha impedito una gestione armonica del binomio “frontiere/asilo” e ha comportato l’implementazione di politiche e interventi ad intermittenza.
Il difficile obiettivo di armonizzare le attività di controllo alle frontiere con le garanzie di protezione deve sempre e comunque essere ispirato alla tutela dei diritti umani. Nessuna situazione di emergenza potrà mai giustificare un approccio diverso da quello orientato verso la tutela dei diritti delle persone come, invece, è avvenuto nel corso di questi mesi anche in Italia. Il caso dei 48 sudanesi rimpatriati dal nostro paese verso il Sudan mostra ancora una volta la difficoltà di contemperare l’esigenza di gestire un fenomeno complesso con il dovere di tutelare i diritti delle persone dalle vicende sopra richiamate.
Nello specifico, si raccomanda: