ULTIMA ORA

Un esempio di responsabilità (seconda parte)

Riprendiamo l’analisi del Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2016 proponendovi la seconda e ultima parte delle raccomandazioni relative alle indicazioni per il livello nazionale e alle politiche e strategie orientate all’inserimento socio-economico.

Ricordiamo che è possibile consultare il testo integrale del Rapporto alla pagina web.

 

RACCOMANDAZIONI (seconda parte)

A livello nazionale. Definitiva implementazione di un sistema unico di accoglienza

Il richiamo alla necessaria e non più rinviabile strutturazione di un sistema unico di accoglienza ha trovato risposta in una recente direttiva del Ministro dell’Interno nella quale vengono fissate le regole per l’avvio di un sistema di ripartizione graduale e sostenibile dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio nazionale attraverso lo SPRAR. L’intento dichiarato è quello di giungere all’implementazione di un sistema unico attraverso la fattiva collaborazione degli enti locali e con il prezioso contributo del Terzo settore. Nella ricomposizione di un sistema unico, è necessario dunque che medesime linee guida e identici standard – nonché puntuali e stringenti controlli sull’utilizzo dei fondi – disciplinino comunemente tutte le misure di accoglienza e gli interventi adottati, con il comune obiettivo di favorire, in ogni singola persona, la riconquista dell’autonomia personale e l’emancipazione dal bisogno stesso di accoglienza, a partire dai soggetti più vulnerabili. Tra questi, in particolare, vanno inclusi i minori stranieri non accompagnati, la cui accoglienza sta scontando ritardi e inefficienze preoccupanti, anche in considerazione dell’elevato numero di minori giunti nel nostro paese negli ultimi anni.

Nello specifico, si raccomanda:

  • di giungere alla piena messa in atto della cd. filiera dell’accoglienza così come definita nel decreto legislativo 142/2015 con particolare riferimento all’attivazione di hub di prima accoglienza sia per gli adulti, sia per i minori stranieri non accompagnati;
  • la piena applicazione della direttiva del Ministro dell’Interno dell’11 ottobre 2016, “Regole per l’avvio di un sistema di ripartizione graduale e sostenibile dei richiedenti asilo e dei rifugiati sul territorio nazionale attraverso lo SPRAR”;
  • ladozione di standard predefiniti in ogni circuito di accoglienza, strutturale o straordinario che sia (Cara, hUb, sprar, centri polifunzionali cittadini, centri attivati in maniera temporanea per rispondere a eventuali “emergenze” nella gestione degli arrivi);
  • la predisposizione di programmi di formazione e aggiornamento rivolti sia a forze dell’ordine che ad operatori dell’accoglienza, analogamente a quanto suggerito a livello europeo;
  • le modalità di raccordo tra i diversi contesti di accoglienza anche attraverso una regia territoriale in capo agli enti locali direttamente interessati e alle regioni, con strutturate modalità di scambio e di collaborazione con gli enti di tutela;
  • che il disegno di legge sulle “misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati” prosegua il suo iter al Senato, dopo l’approvazione alla Camera il 26 ottobre 2016, affinché siano rese uniformi le procedure di identificazione e accertamento dell’età, sia istituito un sistema nazionale di accoglienza nell’ambito dello Sprar, sia garantito il diritto allo studio e all’assistenza sanitaria;
  • adeguate qualifiche agli operatori impegnati nell’accoglienza di msna e la promozione di forme diversificate di accoglienza, valorizzando anche la rete già esistente di comunità a favore di minori vittime di tratta, che prevedano anche percorsi di tutoraggio/accompagnamento e di affidamento familiare, sempre con programmi orientati al rispetto del superiore interesse del minore;
  • le modalità comuni di monitoraggio e di valutazione degli interventi in tutti i contesti di accoglienza, che consentano di verificare l’efficienza e l’efficacia degli interventi adottati, nonché di far emergere i possibili modelli replicabili e sostenibili, sia in termini qualitativi (sulla base dei comuni standard), sia di ottimizzazione delle risorse economiche, delle strategie politiche e organizzative.

Politiche e strategie. L’inserimento socio-economico

Il periodo trascorso in accoglienza è per sua natura di carattere temporaneo e pertanto occupa solamente una breve fase della vita in Italia dei richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria.

Pertanto, l’idea che l’accoglienza possa essere di per sé l’unica risposta ad ogni esigenza e bisogno delle persone rischia di rappresentare un limite. Durante il periodo di accoglienza è necessario mettere gli ospiti in condizione di acquisire strumenti che possano consentire loro di sentirsi padroni della propria vita e di agire autonomamente, una volta usciti dai programmi di assistenza. Gli interventi si incentrano, pertanto, sull’apprendimento dell’italiano, sulla conoscenza e sull’accesso ai servizi, sulla individuazione di proprie reti sociali di riferimento, ecc., e non può essere dato per scontato che da questo possa automaticamente scaturire un’autonomia lavorativa ed abitativa. Nessun sistema di accoglienza potrà mai essere da solo sufficiente alla riuscita dei percorsi di inclusione sociale dei propri beneficiari. Infatti, a poco può giovare l’esponenziale aumento della capienza della rete della prima e della seconda accoglienza laddove non vengano previste a livello regionale e nazionale politiche, strategie e programmi che abbiano l’obiettivo e la forza di favorire e accompagnare l’inserimento sociale ed economico di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria.

Nello specifico, si raccomanda:

  • politiche e programmi specifici, a livello nazionale e regionale, volti a facilitare l’inserimento socio-economico-abitativo di titolari di protezione internazionale e umanitaria, adottando una loro equiparazione – per un periodo di tempo limitato successivamente al riconoscimento della stessa protezione – alle categorie in Italia maggiormente svantaggiate, ivi incluse misure di sostegno all’imprenditoria, di previdenza sociale e di sgravi fiscali;
  • il rafforzamento delle azioni di accompagnamento ai percorsi di inclusione sociale durante il periodo di accoglienza, attraverso l’integrazione di risorse economiche sui territori, creando a livello locale modelli virtuosi di inserimento socio-economico, che possano costituire opportunità per le intere comunità cittadine;
  • lavvio di progetti di volontariato, come da circolare inviata dal Ministero dell’Interno alle prefetture nel 2014, al fine di stringere accordi con gli enti locali per favorire lo svolgimento di attività di volontario, da parte dei richiedenti la protezione internazionale ospiti nei centri di accoglienza, e di attività socialmente utili con l’intento di creare le migliori condizioni per una più effi- cace integrazione nel tessuto sociale e di prevenire eventuali tensioni;
  • l’inserimento lavorativo delle persone in modo legale e professionale, evitando che necessariamente vadano incontro a sfruttamento e a condizioni di vita e di lavoro aberranti e in modo che questa esperienza possa a andare a vantaggio di tutta la comunità. La legge contro il caporalato, recentemente approvata, che modifica in maniera sostanziale l’articolo 603 bis del codice penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) riformulando il reato di caporalato, allargando le maglie della responsabilità al datore di lavoro che “sottopone i lavoratori a condizioni di sfruttamento e approfittando del loro stato di bisogno”, è senza dubbio un importante strumento per depotenziare il fenomeno dello sfruttamento in agricoltura, seppur non sufficiente per eliminarlo in maniera definitiva. Serve, invece, una reale azione politica e culturale in grado di rilanciare il comparto agricolo nell’ambito di una filiera etica per eliminare le condizioni di fragilità e vulnerabilità dei lavoratori tra cui molti richiedenti asilo e rifugiati;
  • in nome della sopra menzionata ottimizzazione delle risorse, la facilitazione del dialogo interistituzionale – anche a livello di ministeri e di assessorati – che possa supportare lo sviluppo di programmi integrati, in favore di titolari di protezione internazionale, migranti economici, cittadini europei e italiani.

La cura dell’informazione sul tema delle migrazioni forzate È necessario, anche in collaborazione con l’Associazione Carta di Roma, favorire la formazione degli operatori della comunicazione e un’informazione corretta, diffusa e puntuale sui nuovi fenomeni delle migrazioni forzate, così che non si creino i presupposti per una lettura ideologica nell’opinione pubblica foriera talvolta di contrapposizioni e conflittualità sociali. Risulta utile e importante che una corretta informazione parta anche dagli ambiti scolastici. A tale proposito si auspica che il Miur possa favorire una diffusa e corretta informazione sulle migrazioni forzate e sul diritto alla protezione internazionale tra i docenti e gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado. In un senso più ampio, è evidente quanto lo sviluppo di una cultura dei diritti in generale, dei diritti umani in particolare, del rispetto degli altri e del contesto socio-culturale di ognuno, non potrà che favorire positivamente il giusto approccio ai temi dell’accoglienza, della diversità e dell’interazione pacifica fra i popoli.

 

Published by
Valerio Roberto Cavallucci