Nel nostro Paese quasi due strutture sanitarie su tre non hanno un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono usufruire di prestazioni ospedaliere e oltre il 78% degli ospedali non prevede spazi adatti di assistenza per le persone con disabilità intellettiva, motoria e sensoriale. In poche parole sono ancora molto diffuse le cosiddette barriere sanitarie che rischiano di essere insuperabili specialmente negli ospedali del Mezzogiorno. A rivelarlo è la prima indagine nazionale conoscitiva sui percorsi ospedalieri per le persone con disabilità condotta dalla Spes contra spem Onlus in partenariato con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, e in collaborazione con la Fondazione Ariel e con il contributo di Fondazione Umana Mente del Gruppo Allianz che è stata presentata questa mattina presso l’Istituto Superiore di Sanità di Roma.
Come dichiara Luigi Vittorio Berliri, presidente di Spes contra spem Onlus: «Paradossalmente in ospedale una persona con disabilità rischia di diventare disabile due volte, perché per avere diritti uguali a tutti gli altri ha bisogno di risposte diverse. Prendersi cura di una persona significa riconoscere che davanti ho una Persona, con la sua dignità. È solo “diversa”, non più complicata di altre».
La ricerca, che prende le mosse dalla “Carta dei Diritti delle Persone con Disabilità in Ospedale”, nasce con un duplice intento: da un lato sensibilizzare la politica della sanità sulle problematiche riguardanti il ricovero ospedaliero delle persone con disabilità e dall’altro mettere in luce la situazione attuale delle strutture rispetto ai criteri, previsti dalla Carta, di accessibilità, personalizzazione e coordinamento dei percorsi sanitari.
Nell’indagine conoscitiva vengono raccolte e analizzate le risposte a un questionario mandato via web di un campione di 814 strutture ospedaliere (ASL, Aziende Ospedaliere, Policlinici Universitari, IRCCS – Istituti di Ricerca e Cura a carattere Scientifico) individuate su tutto il territorio italiano, tra gennaio e settembre 2014. Si tratta di dieci domande a risposta chiusa sulla presenza di misure, presidi, percorsi clinico assistenziali e figure professionali per verificare le modalità di accesso e di cura delle persone con diverse tipologie di disabilità.
Vediamo più da vicino i risultati emersi da tale indagine.
In primo luogo possiamo osservare che solo in poco più di un terzo delle strutture (36%) è previsto un percorso prioritario per i pazienti con disabilità che devono fruire di prestazioni ospedaliere. La percentuale più elevata di strutture con un flusso prioritario si rileva nelle regioni del Centro (45,5%), quella più bassa nel Mezzogiorno (19,4%).
Poi è possibile osservare che solo il 16,8% delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità. Il punto unico di accoglienza è presente nel 20,9% delle strutture del Nord, mentre tale quota non tocca il 13% degli ospedali del Centro-Sud e Isole.
Inoltre, non vi è alcuna struttura avente mappe a rilievo per persone non vedenti, mentre solo il 10,6% è provvisto di percorsi tattili. Questi ultimi sono completamente assenti, invece, negli ospedali monitorati nelle regioni del Mezzogiorno, mentre al contrario sono presenti in circa il 13% di quelli del Centro-Nord.
Per quanto concerne i display luminosi per le persone con deficit uditivo. Sono presenti nel 57,8% degli ospedali. Percentuale che scende al 45,2% in quelli del Mezzogiorno.
Altro dato allarmante che affiora è che soltanto il 12,4% dei Pronto Soccorso, e nessuno nell’Italia Meridionale, ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva. Percentuale che aumenta se si considerano gli ambulatori e i reparti: qui i percorsi clinico assistenziali e i locali dedicati per visitare e assistere persone con disabilità intellettiva/cognitiva sono presenti nel 21,7% delle strutture che hanno risposto al questionario. Anche in questo caso si riscontra un grande divario Nord Sud (29% contro 6.5%).
Dati positivi, invece, per quanto concerne la presenza della figura del case manager (prevista nel 61,5% delle strutture); e la grandissima maggioranza degli ospedali (95,7%) ha risposto di consentire la permanenza, oltre l’orario previsto per le visite, del caregiver della persona con disabilità. Buoni anche quelli relativi agli incontri tra la governance dell’ospedale e le rappresentanze delle associazioni familiari delle persone con disabilità.