Il carcere di Santo Stefano, a Ventotene, è uno dei più gloriosi simboli della resistenza antifascista, le sue mura hanno ascoltato i lamenti dei perseguitati dal regime mussoliniano, prima ancora quelli degli eroi del Risorgimento italiano.
C’è una targa, che le erbacce minacciano di nascondere agli occhi di chi osserva, che recita: “Fra queste mura dove nell’Ottocento avevano sofferto i padri del Risorgimento, il regime fascista incarcerò Sandro Pertini, Presidente della Repubblica”.
Una parte di storia che corre il rischio di essere fagocitata dall’oblio della memoria ma la speranza sta in una recente notizia che giunge direttamente dal Ministero dei Beni Culturali: ci sarebbe infatti la volontà di sottrarre alla dimenticanza questo monumento della memoria e al contempo celebrare il sogno europeista di Altiero Spinelli, che proprio qui volle essere sepolto.
L’edificio risale all’epoca borbonica e, più precisamente, fu eretto nel 1797 secondo i criteri architettonici dell’epoca molto simili a quelli che oggi possiamo ammirare al teatro San Carlo di Napoli.
Tuttavia la vita dei reclusi a Santo Stefano non lasciava spazio alla libertà dello sguardo che vaga in un teatro, piuttosto era costretto in un fermo immagine fisso verso la chiesetta posta al centro del cortile del penitenziario. Stesso scorcio, sempre uguale.
Assassini, anarchici, comunisti, socialisti, antifascisti, si sono susseguiti nel corso degli anni senza nessuna variante visiva: il carcere era costruito in maniera tale da sottrarre ai detenuti anche la libertà dello sguardo.
Ebbene, un edificio che è qualcosa di più di una costruzione architettonica, che è memoria storica e simbolo di un’identità – la nostra -, attualmente versa in stato di degrado e abbandono.
Porte scardinate, scarabocchi lungo gli antichi corridoi, vegetazione di vario genere che minaccia di trovare alloggio continuativo presso quelle stanze, ruggine del tempo ovunque.
Ma stando a quanto dichiarato dal Ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, Santo Stefano potrebbe presto risorgere, diventando un museo.
E probabilmente anche qualcosa di più, una foresteria che potrebbe ospitare gli studenti universitari per stage, formazione, luogo di incontro e cultura affinché tanta memoria torni a vivere.