Tra le diverse “anime” che compongono il variegato patchwork del Terzo settore il volontariato è probabilmente quella che nel corso degli anni ha saputo guadagnarsi maggiore considerazione da parte delle Istituzioni dell’Unione Europea, grazie soprattutto all’efficace azione di advocacy operata con tenacia dalle reti europee del settore e culminata nella grande campagna di sensibilizzazione del 2011 – Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva, di cui è attualmente allo studio, per quanto ancora da confermare, la riproposizione nella versione “+10” nel 2021.
La Decisione del Consiglio europeo dedicata al Volontariato nel 2011 recita: “Il volontariato è una delle dimensioni fondamentali della cittadinanza attiva e della democrazia, nella quale assumono forma concreta valori europei quali la solidarietà e la non discriminazione e in tal senso contribuirà allo sviluppo armonioso delle società europee”[simple_tooltip content=’ Decisione del Consiglio Europeo del 27 novembre 2009 relativa all’Anno europeo delle attività di volontariato che promuovono la cittadinanza attiva (2011) (2010/37/CE), pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea il 22 gennaio 2010.’] (nota)[/simple_tooltip].
Tale Decisione del Consiglio trova la sua base legale nel Trattato di Lisbona del 2007 (in vigore da dicembre 2009), che individua nella cittadinanza attiva europea un elemento fondamentale per il processo di integrazione europea. In tale ottica, il volontariato rappresenta una dimensione fondamentale della partecipazione attiva dei cittadini per la costruzione di un’Europa più democratica, fondata sulla solidarietà e su una società inclusiva e non discriminatoria. La promozione della cittadinanza attiva costituisce un elemento fondamentale per rafforzare la coesione e lo sviluppo della democrazia.
La traiettoria che ha portato a un così evoluto riconoscimento del volontariato come espressione della cittadinanza attiva europea financo nelle fonti primarie dell’ordinamento europeo è lunga e piuttosto difficile da ricostruire integralmente, stante anche le difficoltà di definizione di un settore in continua evoluzione, caratterizzato da sfumature di forma e sostanza talvolta diverse da paese a paese.
La formulazione del concetto di cittadinanza europea “attiva”, vale a dire uno status che affianca ai tradizionali attributi dei diritti e dei doveri dei cittadini anche l’auspicabile condivisione di responsabilità da parte dei cittadini stessi all’armonioso funzionamento della società europea, può essere fatta risalire al dibattito che precedente e seguente il Trattato di Maastricht del 1991, istitutivo dell’Unione Europea, e delle successive modifiche di Amsterdam e Nizza.
In particolare la conferenza intergovernativa del 1997 ha adottato una dichiarazione (n. 38) sul volontariato, allegata all’atto finale del Trattato di Amsterdam, in cui veniva riconosciuto l’importante contributo delle attività di volontariato allo sviluppo della solidarietà sociale.
In una Comunicazione del giugno 1997 sulla promozione del ruolo delle associazioni e delle fondazioni in Europa, la Commissione europea ha sottolineato tre aspetti: economico (creazione di posti di lavoro), sociale (partecipazione alla definizione delle politiche sociali e, quindi, contributo al progresso sociale) e politico (rafforzamento della democrazia, della cittadinanza e della partecipazione civica).
Nel 2001 la Commissione Europea – sotto la Presidenza Prodi – ha pubblicato il “Libro Bianco sul sistema di governo europeo” nel quale venivano posti alcuni interrogativi fondamentali sul futuro delle politiche europee nella prospettiva di un sempre maggiore allargamento e la proposizione di una nuova divisione dei compiti tra le Istituzioni comunitarie, gli Stati membri e la società civile, enfatizzando l’importanza della partecipazione attiva dei cittadini alla vita civile dell’UE.
Nel mese di novembre dello stesso 2001 la Commissione europea ha pubblicato anche il Libro Bianco in materia di Politiche Giovanili “Un nuovo impulso per la gioventù europea” in cui, tra le altre cose si fa per la prima volta riferimento esplicito alla promozione del volontariato come esperienza educativa e fattore d’integrazione dei giovani nella società, capace di svolgere un ruolo importante tanto a livello europeo, nel quadro del Servizio Volontario Europeo (allora parte del programma Gioventù 2000-2006, successivamente Gioventù in Azione 2007-2013 e tuttora esistente all’interno del programma Erasmus+ 2014-2020), quanto ai vari livelli nazionale, regionale e locale.
Nelle Risoluzioni del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri riuniti in sede di Consiglio del 27 giugno 2002 e del 16 novembre 2007 e nella Raccomandazione del 20 novembre 2008, il Consiglio e gli Stati membri hanno individuato nelle attività di volontariato un elemento fondamentale nel settore della gioventù e hanno concordato per le attività di volontariato dei giovani obiettivi comuni e convenuto sulla mobilità dei giovani nell’UE.
Molte ricerche, atti politici, scambi di esperienze e dibattiti dottrinali si sono succeduti negli anni seguenti, allargando la prospettiva dalle politiche giovani ad altre aree di policy.
Tra le tappe fondamentali di questo processo possiamo ricordare il parere che il Comitato economico e sociale europeo ha invitato la Commissione il 13 dicembre 2006: “Le attività di volontariato, il loro ruolo nella società europea e il loro impatto” , che era già un sostanziale invito a proclamare un Anno del volontariato e a pubblicare al più presto un Libro bianco sulle attività di volontariato e sulla cittadinanza attiva in Europa, nonché la “Relazione sul contributo delle attività di volontariato alla coesione economica e sociale” del Parlamento europeo nel marzo 2008 che incoraggiava gli Stati membri e le autorità regionali e locali a riconoscere il valore delle attività di volontariato nel promuovere la coesione sociale ed economica.
Sebbene il significato del termine “volontariato” in Europa non sia univoco e, anzi, esista un’imponente varietà di nozioni, definizioni, interpretazioni e tradizioni sul volontariato nei diversi paesi europei, vi è tuttavia un certo accordo nel considerare il volontariato un’espressione fondamentale della cittadinanza attiva, ossia un mezzo attraverso il quale i cittadini individuano e rispondono ai bisogni della società in cui vivono. Nel rispetto delle differenze e delle specificità di ciascuno Stato membro e di tutte le forme di volontariato esistenti, nel gergo comunitario il termine “attività di volontariato” si riferisce a tutti i tipi di attività volontarie, siano esse formali, non-formali o informali, intraprese per libera volontà, scelta e motivazione individuali e senza interesse di lucro[simple_tooltip content=’Nota del Consiglio dell’Unione europea n. 14552 del 3 ottobre 2011 “Il ruolo delle attività di volontariato nella politica sociale”- Conclusioni del Consiglio.’] (nota)[/simple_tooltip]. Esse sono a beneficio di altre persone, delle comunità e della società nel suo complesso. Sono anche uno strumento per i singoli e le associazioni per affrontare bisogni e preoccupazioni umane, sociali, intergenerazionali o ambientali, e spesso sono realizzate a sostegno di organizzazioni no profit o di iniziative congiunte da parte di più persone.
Autorevoli indagini statistiche condotte su scala europea rivelano che attualmente circa 100 milioni di cittadini europei sono impegnati in attività di volontariato intese secondo la definizione sopra riportata e che circa l’80% della popolazione afferma che la partecipazione attiva alla società è una parte fondamentale della loro vita[simple_tooltip content=’«Realtà sociale europea», Speciale Eurobarometro 273, Wave 66.3.’] (nota)[/simple_tooltip]. Ciò significa che circa 3 cittadini europei su 10 mettono quotidianamente in pratica i valori di solidarietà, coesione sociale e cittadinanza attiva attraverso forme associative organizzate, assicurando che tali valori non restino sulla carta dei Trattati, ma vengano tradotti in azioni concrete in tutta Europa.
Le attività di volontariato sono trasversali, multidimensionali e hanno un significato potenziale per molte aree di policy, in particolare: occupazione e politica sociale, pari opportunità, assistenza sociale, istruzione e gioventù, politica culturale, politica regionale, ricerca e sviluppo, sport e salute, tutela ambientale, interessi dei consumatori, protezione civile, aiuti umanitari e politica per lo sviluppo inclusa la dimensione esterna.
Il volontariato, come espressione del concetto di cittadinanza attiva, è stato riconosciuto dalle istituzioni europee in varie aree politiche e attraverso diversi programmi, quali il Programma Europa per i Cittadini, il Lifelong Learning, il Gioventù in Azione, ecc. I volontari sono, infatti, un esempio per tutti nel campo della partecipazione civica attiva, in quanto si impegnano nelle comunità nelle quali vivono, senza motivazioni economiche, per il beneficio di altre persone e della società nel suo complesso. I volontari mettono in pratica i valori europei di solidarietà e diversità, sono espressione vivente dello slogan UE “Uniti nella diversità”, in quanto semplicemente persone di tutte le età, uomini e donne, occupati e disoccupati, persone di diversa origine etnica e religiosa che decidono di mettersi in gioco insieme.
I volontari in particolare sono gli attori principali in materia di inclusione sociale attraverso il loro impegno per coloro che sono esclusi socialmente o che sono a rischio di esclusione sociale. Il volontariato è uno strumento per l’empowerment di coloro che sono maggiormente a rischio di esclusione sociale. Questo è particolarmente rilevante per l’integrazione dei migranti nelle nostre società, tema di scottante attualità in questi giorni. L’integrazione, un processo a doppio senso di accomodamento reciproco tra gli immigrati e la società di accoglienza, necessita di strumenti che uniscano le persone e che permetta loro di lavorare insieme su progetti comuni. Il numero delle iniziative di volontariato e di progetti di accoglienza in Europa (a dispetto delle “cattive notizie”) dimostra il valore aggiunto del volontariato come fattore per l’integrazione dei migranti nelle comunità di accoglienza.
Anche i servizi sociali di interesse generale in Europa dipendono largamente dal contributo dei volontari. Le azioni delle organizzazioni di volontariato realizzate negli Stati membri dimostrano che i volontari contribuiscono in maniera significativa ai servizi offerti nel settore dell’assistenza sociale e sanitaria attraverso servizi di visita alle persone isolate, centri diurni per gli anziani, per i malati, nelle case-famiglia per persone che hanno bisogno di cure speciali, attività di istruzione, assitenza a persone con disabilità, assistenza a persone con dipendenze e carcerati, iniziative di cura, telecompagnia, counselling.
Il volontariato è anche uno strumento per l’invecchiamento attivo. I volontari non solo forniscono assistenza domiciliare complementare alle persone anziane e organizzano per loro attività ricreative, ma l’esperienza dimostra come gli anziani stessi che diventano volontari rimangono attivi e sani più a lungo, avendo l’opportunità di condividere le loro esperienze di vita con le giovani generazioni. Il sondaggio Flash Eurobarometro 247 svolto nel settembre 2008 mostra che il 73% degli intervistati più anziani indicava che avrebbe preso in considerazione l’impegno nel volontariato e nella comunità dopo la pensione. Inoltre, il 44% delle persone hanno detto di aver già pianificato di svolgere del volontariato.
Il volontariato svolge un ruolo importante per quel che riguarda il mantenimento e la ricostruzione di legami familiari, in quanto aiuta le persone a godere di un giusto equilibrio tra lavoro e casa, grazie al sostegno di volontari che offrono i propri servizi gratuitamente in campi quali la cura dei bambini e degli anziani, percepita da molti europei come la difficoltà principale nella vita familiare.
Il volontariato contribuisce alla tolleranza, alla costruzione della pace, alla risoluzione dei conflitti e alla riconciliazione delle società divise. Le attività di volontariato aumentano la tolleranza e favoriscono lo sviluppo di abilità interculturali, riducendo il razzismo e il pregiudizio, e contribuendo al dialogo interreligioso.
Le attività di volontariato sono di per sé strumenti dell’apprendimento non-formale e informale per le persone di tutte le età. Il volontariato contribuisce allo sviluppo di competenze specifiche e abilità trasversali, accrescendo il valore delle persone sul mercato del lavoro (“impiegabilità”). Il volontariato è, quindi, parte della strategia di Lisbona verso un mercato del lavoro europeo più competitivo, fornendo quelle opportunità di formazione permanente che derivano dal volontariato.
Anche il settore sportivo è un grande laboratorio di attività di volontariato in Europa che coinvolge un numero enorme di volontari, la risorsa più importante e indispensabile dei club sportivi, sebbene da un punto di vista legale non tutti i sistemi nazionali concordino nella qualifica di volontari per gli operatori sportivi. In ogni caso, secondo alcune statistiche, la “forza lavoro” dei club sportivi consiste per l’86% di volontari e solo per il 14% di personale retribuito.
I volontari sono la colonna portante del sistema europeo della protezione civile, come dimostrano le esperienze della Croce Rossa e di numerosissime associazioni di protezione civile operanti nel mondo. I volontari sono indispensabili per rispondere ai disastri, per le attività di prevenzione, per i servizi di primo soccorso, come le ambulanze, il pronto soccorso, il sostegno psicologico nelle emergenze.
Le politiche di cooperazione allo sviluppo sono praticamente impossibili da realizzare senza il contributo dei volontari. I volontari sono attivi nelle missioni umanitarie, danno assistenza ai rifugiati, svolgono compite essenziali nei paesi del terzo mondo.
Sempre più diffuse sono, infine forme, di “Corporate Volunteering” (traducibile in italiano come “Volontariato d’impresa – o dei dipendenti di impresa)” che sono una concreta applicazione delle cosidette politiche di responsabilità sociale di impresa – RSI – e rappresentano il contributo delle aziende europee alla soluzione dei bisogni della comunità in cui operano.