Non è questo il momento adatto per le polemiche. L’Italia è mobilitata per fronteggiare la drammatica somma tra emergenza neve e emergenza terremoto e gli occhi sono pieni di lacrime per le vittime di questi eventi. Forse, oltre il dolore, è la stanchezza il sentimento che prevale nelle popolazioni del Centro Italia. Troppe prove in un breve lasso di tempo rischiano di fiaccare il morale.
Eppure, anche in queste circostanze, è utile riflettere su dati oggettivi. È quello che hanno fatto il Dipartimento di Ingegneria civile, edile-architettura, ambientale dell’Università dell’Aquila e il WWF Italia con la ricerca sull’urbanizzazione della dorsale appenninica e il rischio sismico. Lo studio, pubblicato sul sito dell’associazione ambientalista (clicca qui), è stato ripreso dall’edizione di ieri del Fatto Quotidiano.
I dati sono preoccupanti: il cemento è triplicato in 40 anni nelle zone a rischio sismico dell’Appennino. “Dall’analisi dei dati del censimento ISTAT relativi ad edifici ed abitazioni (Istat 2011) emergono delle informazioni inedite: nei comuni in zona sismica 1 tra il 1946 ed il 2001 sono stati realizzati quasi 550.000 edifici residenziali (ben 10.000 nuovi edifici ogni anno, 28 ogni giorno e patrimonio edilizio-abitativo più che raddoppiato rispetto al 1946) mentre la popolazione è diminuita di oltre 370.000 unità. In zona 2 invece nello stesso periodo sono stati realizzati poco meno di un milione di nuovi edifici residenziali ad un ritmo medio di 18.000 ogni anno”.
Come afferma Bernardino Romano, docente all’Università dell’Aquila e membro del Comitato Scientifico del WWF “sembra quasi che le amministrazioni, a tutti i livelli, si siano dimenticate del fatto che esiste un pericolo”.
Di seguito la sintesi del Rapporto.
Urbanizzazione della dorsale appenninica e rischio sismico.
Sintesi del Report WWF realizzato con l’Università dell’Aquila
Il Gruppo di ricerca dell’Università dell’Aquila (Bernardino Romano, Francesco Zullo, Alessandro Marucci, Lorena Fiorini, Serena Ciabò. Dipartimento di Ingegneria Civile, EdileArchitettura, Ambientale – DICEAA) sul consumo del suolo che collabora da anni con il WWF Italia ha compiuto in accordo con l’associazione un approfondimento tra lo sviluppo urbanistico avvenuto nell’area della dorsale appenninica negli ultimi 50 anni e le aree a maggior rischio sismico (Zone sismiche 1 e 2 definite ai sensi dell’Ordinanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri – OPCM n. 3274 del 20/3/2003 e individuate ai sensi della OPCM n. 3519 del 28/4/2006) per verificare se al fenomeno dello spopolamento delle aree interne del Paese fosse corrisposto un contenimento della nuova urbanizzazione in particolare nelle aree dove con maggiore frequenza si sono verificati in questi decenni dei fenomeni sismici ed è più probabile che secondo le recenti classificazioni avvengano terremoti distruttivi.
Da questo approfondimento emerge come siano proprio le prime due categorie di pericolosità a far registrare la variazione maggiore delle superfici urbanizzate attestandosi a circa 4 volte le superfici rilevate negli anni ’50. In termini assoluti questo si traduce in circa 2200 km2 (per avere una idea si tratta dell’attuale superficie urbanizzata della regione Emilia Romagna) di nuova superficie urbanizzata che hanno interessato i territori con una accelerazione al suolo superiore alle 0,150 g (Zona sismica n. 1) di cui circa 500 km2 (una superficie di poco superiore all’intero territorio del comune de L’Aquila) che hanno riguardato quelli con accelerazione superiore ai 0,250g (Zona sismica n. 2). La gran parte del territorio nel settore nord dell’Appennino presenta un grado di pericolosità sostanzialmente bassa (comuni del Piemonte, della Liguria e della Lombardia) oltre che variazioni delle superfici urbanizzate molto contenute (meno di 190 km2 in 50 anni circa). È invece il cuore dell’Appennino ad avere una maggiore pericolosità sismica (Umbria, Abruzzo, Marche Lazio e Campania) e la parte sud della nostra penisola che interessa i territori dell’Appennino calabro-lucano. Sono queste infatti le zone che hanno fatto registrare i terremoti più forti nella storia della penisola italiana.
Lungo l’Appennino si trovano in Zona 1 oltre 650 comuni pari a circa il 20% di quelli italiani della stessa categoria e coprono una superficie pari ad un quarto dell’area di studio. In Zona 2 rientrano invece circa 1100 comuni (50% del totale dei comuni nazionali della stessa categoria) che occupano una superficie di quasi 56.000 km2 pari al 50% dell’area indagata. I comuni nelle zone 3 e 4 invece sono poco rappresentati nell’area appenninica sottolineando ancora una volta l’elevata pericolosità sismica legata alla geologia di questi luoghi. L’analisi condotta a livello demografico mostra come siano circa 8 milioni gli abitanti (Istat 2011) che attualmente risiedono nei comuni delle prime due classi di zona sismica, 41.000 abitanti in più rispetto a quanto rilevato dall’ISTAT nel decennio precedente ma ben 560.000 abitanti in meno rispetto al censimento del 1951. Analizzando invece l’evoluzione delle superfici urbanizzate nel periodo compreso tra gli anni ’50 e i primi anni del 2000 si nota come queste siano più che triplicate nei comuni in zona sismica 1 con un aumento in termini assoluti pari a 750 km2 ad un ritmo medio di 4 ha/giorno. Sono quasi il doppio invece i suoli urbanizzati negli ultimi 50 anni nei comuni in zona sismica 2 rispetto a quelli in zona sismica 1 ad una velocità vicina agli 8 ha/giorno. Anche in questo caso le superfici urbanizzate attuali sono quasi triplicate rispetto a quelle rilevate nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale
Dall’analisi dei dati del censimento ISTAT relativi ad edifici ed abitazioni (Istat 2011) emergono delle informazioni inedite: nei comuni in zona sismica 1 tra il 1946 ed il 2001 sono stati realizzati quasi 550.000 (patrimonio edilizio-abitativo più che raddoppiato rispetto a quello presente fino al 1946) edifici residenziali (ben 10.000 nuovi edifici ogni anno, 28 ogni giorno) mentre la popolazione è diminuita di oltre 370.000 unità. In zona 2 invece nello stesso periodo sono stati realizzati poco meno di un milione di nuovi edifici residenziali ad un ritmo medio di 18.000 ogni anno corrispondenti a 50 edifici al giorno. Al contrario, la popolazione è invece diminuita di 235.000 abitanti. Nell’ultimo decennio il fenomeno legato al settore delle costruzioni ha perso, per una serie di motivi, lo sviluppo che lo aveva caratterizzato negli anni precedenti e che lo ha reso una voce importante nel PIL nazionale ma comunque altri 133.000 nuovi edifici si sono aggiunti a quelli esistenti nei territori dei comuni delle zone sismiche 1 e 2 (43.000 in zona 1 e 90.000 in zona 2). Includendo nel calcolo anche gli altri edifici presenti sul territorio (alberghi, strutture ricettive, edifici pubblici, etc.) si ottiene un valore di circa 3.000.000 di cui oltre 1 milione in zona 1 (i dati provengono dalle elaborazioni su base geografica dal censimento fatto dall’Istat su edifici e abitazioni sulle sezioni censuarie tutto rapportato alla classificazione sismica dei comuni appenninici). Inoltre, incrociando i dati della ricerca dell’Università de L’Aquila con i dati ISTAT sono state compiute elaborazioni sulla presenza di seconde case nelle regioni e nelle aree a rischio della dorsale appenninica. I dataset elaborati nell’ambito della ricerca sul consumo di suolo dell’Università dell’Aquila nelle due cronosezioni 1950-post 2000 (2000-2008), che restituiscono l’informazione geografica ad una scala dell’ordine dell’1:10.000, sono stati messi a disposizione dal WWF, in accordo con il gruppo di ricerca universitario, del Gruppo di lavoro “Dati e informazioni” del Progetto Casa Italia, coordinato dal professor Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano e coordinatore della nascente struttura di Missione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Si tratta di layer informatizzati non disponibili in nessun archivio istituzionale nazionale (se si eccettuano le regioni Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna che possiedono l’uso del suolo digitale elaborato su scala regionale al 1954)
Zona sismica | N° dei Comuni | Sup. tot. kmq | % di copertura | Area urbanizzata anni 50 kmq | Area urbanizzata anni post 2000 kmq | Variazione assoluta kmq | Tasso variazione urbana | Velocità consumo suolo ha/g |
1 | 656 | 24306,87 | 25,80 | 213,31 | 963,91 | 750,6 | 3,52 | 4,11 |
2 | 1137 | 55873,5 | 59,30 | 465,1 | 1818,2 | 1353,1 | 2,91 | 7,41 |
3 | 285 | 12380,38 | 13,14 | 172,08 | 694,67 | 522,59 | 3,04 | 2,86 |
4 | 82 | 1656,05 | 1,76 | 36,64 | 91,24 | 54,6 | 1,49 | 0,30 |
TOTALE | 2160 | 94216,8 | 100 | 887,13 | 3568,02 | 2680,89 | 3,02 | 14,69 |