Tremila donne algerine si sono date appuntamento nella cittadina costiera di Annaba per protestare contro l’obbligo di indossare il burkini per fare il bagno al mare. Semplicemente, hanno rivendicato il loro diritto, in quanto donne, di indossare dei bikini.
Nulla che possa scandalizzare il mondo occidentale ma, agli occhi delle società islamiche integraliste, si è trattato di un affronto. Quello che forse non tutti sanno, infatti, è che ogni anno diversi gruppi di moralizzatori vagano indisturbati per le spiagge per esercitare un controllo sistematico – senza che le autorità intervengano – sul modo di abbigliarsi delle donne, rimproverandole, accusandole di dare spettacolo di sé, minacciandole a indossare il burkini.
Una prassi spiacevole che di anno in anno si ripete nel Maghreb nel periodo estivo. Nelle spiagge di Annaba, in modo particolare, è nata una vera e propria persecuzione nei confronti delle donne che decidono di non costringersi dentro la scomodità del burkini: un gruppo di uomini le fotografavano – e continuano a farlo – pubblicando poi le immagini sui social network, aggiungendo prediche morali, violandone la privacy e, soprattutto, cercando attraverso tali denunce di attirare l’attenzione di quanti più uomini possibili.
Stanche di tanta sopraffazione e affronto alla libertà personale, le donne si sono organizzate in un gesto corale, meritevole di attenzione, entrando in spiaggia tutte rigorosamente in bikini. Difficile a quel punto rimproverarle tutte, una presa di posizione e di coraggio che non possiamo non raccontare. L’islamizzazione, lo sappiamo, ha trovato terreno fertile negli ultimi anni in un numero sempre maggiori di Paesi, compresi quelli che fanno parte dell’area del Golfo e alcuni fanatismi si sono riversati sulle donne, sulla loro libertà di fare, dire, vestire.
Di fronte al raggiungimento di una parità di genere che al momento appare un’utopia, la “rivolta” delle donne stanche del burkini serve a lanciare un messaggio importante ai governi che nelle loro agende si occupano poco o nulla dell’emancipazione femminile, ma serve anche al mondo occidentale come oggetto di riflessione. Se è vero, infatti, che le donne – e neanche in tutti i Paesi islamici – possono rivendicare il diritto di indossare il burkini, è altrettanto vero che non si tratta di una libertà vera e propria ma condizionata, dal momento che poi non sono libere di vestirsi con il bikini. Si tratta allora di ragionare di che tipo di libertà, se può essere definita tale, stiamo parlando.