L’approfondimento di questa settimana intende dar voce a un progetto di crowdfunding, Viaggio nei sapori di AltreTerre, promosso sulla piattaforma Produzione dal Basso con l’obiettivo di valorizzare le competenze e la cultura d’origine delle donne migranti accolte dall’Associazione MondoDonna Onlus.
L’Associazione MondoDonna Onlus nata nel 1995 da un gruppo di donne, italiane e straniere, è da sempre impegnata nell’accoglienza e nel sostegno di persone in difficoltà, con un’attenzione particolare verso le donne migranti e i loro bambini. Dal desiderio di sostenere, attraverso l’inserimento lavorativo, le donne accolte nel difficile percorso di riacquisizione dell’autonomia, è nata nell’estate del 2016 la Cooperativa Sociale MondoDonna Onlus, cooperativa di tipo A e B. La Cooperativa eredita l’esperienza maturata dall’Associazione nel lavoro con persone caratterizzate da forti fragilità e sviluppa anche attività commerciali, tra cui il Catering AltreTerre, che offrono alle donne e agli uomini accolti nelle strutture occasioni di formazione e inserimento lavorativo in contesti protetti.
Il progetto nasce dal presupposto che la cucina, luogo nevralgico della casa, spazio di vita e di incontro per tutte queste donne, si può trasformrea in occasione di riscatto e di indipendenza.
Il progetto di crowdfunding Viaggio nei sapori di AltreTerre consente di acquistare un furgone per il trasporto che permetta lo spostamento degli alimenti nel rispetto delle norme igienico sanitario prescritte dalla legge.
Approfittiamo dell’approfondimento per riportare alcuni frammenti del quadro rappresentato dal presidente dell’ISTAT, nell’ambito del Rapporto Annuale 2016, venerdì 20 maggio 2016 a Roma nella sala della Regina di Palazzo Montecitorio:
“Si manifesta già alla fine degli anni Ottanta un fenomeno nuovo per l’Italia: l’immigrazione da Paesi meno sviluppati del nostro. La dissoluzione del blocco sovietico e i conseguenti conflitti contribuiscono ad accelerare la trasformazione dell’Italia da terra di emigrazione in terra di immigrazione. Simbolo di questo passaggio storico è l’arrivo, nell’agosto del 1991, della nave Vlora nel porto di Bari con a bordo oltre 20 mila albanesi. Nel complesso, gli stranieri residenti in Italia sono nel 2015 più di 5 milioni; nel 1993, due anni dopo l’arrivo della Vlora, erano meno di 630 mila. Ormai sono molti anche i giovanissimi di seconda generazione. Negli anni la presenza straniera si è trasformata, assumendo caratteristiche diverse per cittadinanze di origine, motivi della presenza, età, ma anche comportamenti e bisogni sociali. …
I giovanissimi con background migratorio, in alcuni casi, rappresentano la punta più avanzata della generazione delle reti, con comportamenti orientati a un uso più intenso delle nuove tecnologie. La quota di ragazzi stranieri che utilizzano internet per più di due ore al giorno, che scambiano mail e guardano film on line, infatti, è molto più elevata di quella dei coetanei italiani….
L’Italia è ormai stabilmente terra di immigrazione, ma negli ultimi anni hanno ripreso a crescere le emigrazioni. Le giovani generazioni di oggi sono a pieno titolo cosmopolite: si sentono parte di una società accomunata dagli stili di vita e dai movimenti culturali; hanno spesso vissuto esperienze di studio e di lavoro all’estero; sono ricchi di competenze e di metacompetenze. ……”
Per completare il quadro riteniamo utile riportare qualche dato indicato dal rapporto dell’INPS – Un fenomeno complesso: il lavoro femminile immigrato:
Negli anni ’70 le donne sono state protagoniste dei primi flussi migratori verso il nostro Paese. Provenivano soprattutto dalle isole di Capo Verde, dal Corno d‘Africa, dalle Filippine, dall’America del Sud ed entravano in particolare come collaboratrici domestiche, a volte grazie alla mediazione di un istituto religioso. In quegli anni si è venuto a creare un reticolo informale di sostegno all’immigrazione femminile: le donne, già presenti regolarmente sul nostro territorio, preparavano ed organizzavano la partenza e la prima accoglienza per le nuove arrivate, parenti e amiche, le quali andavano ad occupare i posti lasciati liberi dalle “vecchie immigrate”. Negli anni successivi la presenza regolare di donne immigrate non solo ha subito una costante crescita ma ha coinvolto determinate comunità. Osservando, infatti, la dinamica dell’ immigrazione regolare dal 1991 al 2005 – attraverso i dati del Ministero dell’Interno – si rileva che si è passati dal 39,9% al 49,9% della presenza femminile sul totale degli immigrati. Si è registrato, inoltre, un aumento progressivo delle provenienze dai Paesi dell’Europa dell’Est che, nel 2005, rappresentavano il 44,2% rispetto alle altre nazionalità. E’ interessante notare, al riguardo, che le comunità di immigrati con il minor tasso di presenza femminile, sono state quelle di origine musulmana. A partire dalla fine degli anni novanta, è stato l’istituto del ricongiungimento familiare a dare un forte impulso all’immigrazione delle donne dell’area maghrebina. Il fenomeno della ‘femminilizzazione’ dei flussi migratori è stato evidenziato anche dai livelli di incremento delle quote femminili nelle operazioni di regolarizzazione, che in quella del 1990 rappresentavano il 26% degli aspiranti alla regolarizzazione, mentre in quella del 2002 hanno superato il 45%. Rispetto alla collocazione territoriale, le donne si sono insediate in maggioranza al Centro (51,9%) e al Sud (52,1%), e tra quelle con permesso di soggiorno per motivi di lavoro una su tre si è inserita nel settore del lavoro domestico. Inoltre, si assiste ad un progressivo inserimento delle donne immigrate nella piccola e media impresa manifatturiera (pellame, tessiture, calzature, alimentari) e nei servizi connessi alla cura della persona (soprattutto di bambini ed anziani). Per quanto riguarda, invece, i motivi che da sempre hanno spinto le donne ad emigrare, oltre a quelli comuni anche agli immigrati di sesso maschile (di tipo economico, culturale, per rifugio politico, ecc.), se ne aggiungono altri tipicamente femminili che vanno dal ricongiungimento familiare al desiderio di emancipazione, dal matrimonio con un connazionale in precedenza emigrato al tentativo di sfuggire ad una condizione subalterna legata alla cultura e alle tradizioni del paese d’origine. In particolare, lo strumento del ricongiungimento familiare rappresenta un importante indicatore di stabilizzazione, facendo emergere come la donna svolga un ruolo chiave nei processi di integrazione della famiglia. Studi antropologici condotti su alcune comunità di migranti rivelano, infatti, come l’esperienza migratoria, scandita da ritmi di cambiamento, rottura e riequilibro, costringa queste donne – ma anche i familiari rimasti nel paese di appartenenza – a ridefinire i sistemi culturali di riferimento oltre che la loro stessa identità femminile e nazionale. Le donne che inviano a casa una parte di guadagni divengono, ad esempio, un agente primario per il sostentamento della famiglia, conquistando o ri-conquistando una dignità spesso messa in discussione e generando un nuovo equilibrio all’interno della famiglia stessa e dell’intera comunità. Nei casi in cui l’emigrazione femminile viene ‘condannata’ da sistemi sociali e/o religiosi o dalle stesse istituzioni dei Paesi di provenienza, la scelta diviene ancor più forte in quanto richiede di affrontare comportamenti e situazioni di potenziale emarginazione ed esclusione sociale. Queste donne combattono due volte: per l’integrazione nella società di accoglienza e per la re-integrazione in quella di partenza, affrontando una dura prova a livello psicologico. In merito a ciò, è utile evidenziare alcuni recenti indicatori di integrazione femminile: