La grande marcia di protesta delle donne polacche sulla legge anti-aborto (leggi l’articolo) ha ottenuto quello che voleva: il Parlamento ha respinto la proposta di legge che proibiva l’interruzione della gravidanza in ogni caso, quindi anche nell’evenienza di stupro, incesto, malformazioni genetiche del feto.
Il Pis, ossia il partito nazionalconservatore che in Polonia detiene la maggioranza assoluta, ha dunque fatto marcia indietro bocciando di fatto quanto auspicava la proposta del movimento fondamentalista cattolico Ordo Iuris. La vittoria del movimento di protesta ha tuttavia poco a che fare con gli schieramenti politici perché alla manifestazione hanno preso parte anche donne sostenitrici del Pis. Si tratta effettivamente di una vittoria a tutto campo dei diritti civili.
Lo stesso Jaroslaw Gowin, ministro di Scienza e Pubblica istruzione ha dichiarato: «Le manifestanti ci hanno fatto riflettere impartendoci una lezione di umiltà; la vecchia legge vigente è già restrittiva, consente l’aborto solo in caso di grave pericolo di salute per la donna incinta, di malformazioni gravi del feto, o se la gravidanza è risultato di stupro o incesto».
Ad appoggiare il grande movimento di protesta dei polacchi – ricordiamo infatti che vi hanno preso parte anche uomini e cattolici moderati – era stato anche Donald Tusk, lo storico leader polacco al potere dal 2007 fino allo scorso anno e ora presidente dell’esecutivo Ue, il quale aveva tagliato corto avvertendo che «le polacche non avrebbero permesso a nessuno di essere mandate al mattatoio».
E infatti così è stato, con grande sollievo di tutta la società civile polacca e di quella parte dell’Europa che lotta per le libertà civili.