Editoriale

Violenza sulle donne: parliamone sempre!

Non sono qui per denunciare una violenza subita. Forse perché l’ho già fatto in passato, forse perché non ho ancora trovato il coraggio per farlo, o forse perché quel coraggio non lo troverò mai, o semplicemente perché sono tra le poche fortunate che non hanno mai subito una violenza, né domestica né compiuta da estranei.

Sono qui, però, per parlare di violenza di genere perché in quanto donna mi sento offesa, ferita, violentata e uccisa per ogni donna che è stata offesa, ferita, violentata o uccisa. Colgo, dunque, l’occasione di un appuntamento importante per affrontare questo tema che tanto mi sta a cuore.

Fra qualche giorno, per il 18esimo anno consecutivo, si celebrerà la Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne; una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1999 per la quale è stata scelta la data del 25 novembre.

Alla vigilia di questo appuntamento, noi di Felicità Pubblica abbiamo deciso di dedicare uno spazio più approfondito sul tema. A cominciare da questo editoriale, nei prossimi giorni pubblicheremo delle riflessioni nella sezione approfondimenti attraverso le quali proveremo a interrogarci sul drammatico problema della violenza di genere, presentandovi il punto di vista di noi componenti interni della redazione.

L’obiettivo, ovviamente, non è quello di farvi conoscere il nostro singolo pensiero sull’argomento, ma piuttosto quello di stimolare una riflessione, interrogandoci su quanto accade nel mondo, e purtroppo anche in Italia, ai danni del genere femminile.

Una delle prime domande che mi sono posta approcciando al tema della violenza contro le donne ruota proprio intorno a questa ricorrenza. E’ mai possibile che nel 2017, in Paesi come il nostro dove ormai la donna ha raggiunto un grado di emancipazione molto elevato, lavorando e gestendo la propria vita come meglio crede, sia ancora necessario avere una Giornata per lottare contro la violenza di genere?

Basterebbe il numero terrificante dei femminicidi – che nel 2016 in Italia ha raggiunto quota 120 e che nel 2017 parla di una donna uccisa ogni due giorni dall’uomo che spesso diceva di amarla – per rispondere che “sì”, c’è ancora un disperato bisogno di fare campagne di sensibilizzazione e tenere alta l’attenzione per permettere che questi numeri scendano il prima possibile fino a toccare lo zero.

Ma c’è di più. Non è necessario “scomodare” le vittime, o le donne sfregiate con l’acido, o quelle che hanno riportato traumi fisici e psicologici indelebili, per sostenere che il tema vada affrontato e anche con una certa urgenza.

Basta guardare alla più stretta attualità per capire che c’è davvero qualcosa che non funziona, soprattutto dal punto di vista della mentalità. Pensiamo a tutta la bufera che si sta abbattendo nelle ultime settimane sul mondo del cinema e sulle presunte molestie compiute da importanti professionisti del grande schermo ai danni di attrici e donne del mondo dello spettacolo. Un vero e proprio uragano, partito da Hollywood e arrivato anche nel Belpaese, che ogni giorno sembra rafforzarsi con nuove testimonianze e scottanti rivelazioni.

Non è questa la sede opportuna per schierarsi dalla parte dell’uno o dell’altra protagonista di questi episodi, ma quello su cui è importante riflettere, in questo caso, è la macchina del fango che, incomprensibilmente, si è abbattuta sulle presunte vittime con la stessa violenza (se non maggiore) di quella che ha colpito i presunti carnefici. E questo è accaduto soprattutto (se non esclusivamente) in Italia.

A cominciare dalla prima, apparentemente innocente, domanda che più di altre è stata ripetuta in questi giorni all’indirizzo delle donne che hanno confessato di aver subito una violenza: “Perché non hanno denunciato prima?”. Come se il non aver denunciato l’accaduto negli istanti successivi alla molestia bastasse a far nascere il dubbio che forse quell’episodio non è mai accaduto o, peggio ancora, che quella denuncia tardiva possa nascondere chissà quale strana verità.

Quello che, invece, penso io è che quella domanda offende e ferisce tanto quanto la violenza subita, se non di più. Già, perché spesso dietro al silenzio c’è la paura di non essere credute, c’è il timore di sconvolgere la nostra vita e quella di chi ci ama, c’è l’assurda convinzione che forse siamo state noi a sbagliare qualcosa.

Che ce la siamo cercata, insomma, come si sente spesso commentare quando a subire una violenza è una ragazza che è andata in discoteca con una gonna corta, o che è tornata a casa di notte da sola, o ancora che ha avuto l’unica colpa di fidarsi troppo di qualcuno. Le stesse brutali parole che sono state pronunciate qualche giorno fa addirittura da un sacerdote che, invece di dedicare parole di incoraggiamento e forza a una 17enne violentata alla stazione di Bologna dopo essersi ubriacata, le ha dato contro con frasi misogine e cariche di odio razziale.

Per rispondere alla domanda iniziale, dunque, se è davvero necessario nel 2017 avere una Giornata dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne, la risposta è decisamente “sì”. Non solo è necessaria, ma è anche indispensabile, così come lo è affrontare l’argomento ogni giorno dell’anno, in casa, a scuola, in televisione o al bar.

Parlarne come ho fatto io in questa sede, come faranno nei giorni prossimi i miei colleghi, e come invito voi lettori a farlo nel contesto che riterrete più appropriato.

Perché se la violenza ferisce, l’ignoranza e l’omertà uccidono.

Il direttore

 

Vignetta di copertina: Freccia.

 

 

 

Published by
Antonella Luccitti