Survival International, una delle più grandi organizzazioni sui diritti dei popoli indigeni, ci informa che «in Brasile 13 indiani amazzonici sono stati ricoverati in ospedale dopo un violento e brutale attacco da parte di uomini armati con un machete». A corredo della pessima notizia, ci sono immagini crude e scioccanti che scegliamo di non pubblicare che mostrano un uomo con braccia mutilate ed altri sottoposti a ogni genere di violenza fisica.
Secondo Survival «l’attacco è stato una rappresaglia contro la campagna dei Gamela per recuperare una piccola parte del loro territorio ancestrale. La loro terra è stata infatti invasa e distrutta dagli allevatori, dai taglialegna e dagli accaparratori di terra, e oggi i Gamela sono costretti a vivere ammassati in un minuscolo appezzamento di terra».
Stiamo parlando di un popolo indigeno antichissimo che abita l’area dello Stato di di Maranhão, nel Brasile settentrionale. Risulta che proprio qui vivrebbe una famiglia di proprietari terrieri, i Sarney, che da tempo sono in pessimi rapporti con la tribù. La ragione, com’è facile intuire, risiede nel possesso della terra che i Gamela vorrebbero semplicemente abitare mentre i Sarney, insieme ad altri uomini d’affari, espandere per far decollare le attività di agro-business.
Le testimonianze di chi ha assistito a questi atti di violenza contro la popolazione indigena riferiscono che gli allevatori si sono radunati a un barbecue per ubriacarsi prima di circondare l’accampamento dei Gamela e aprire il fuoco, per poi attaccare con i machete, provocando ferite gravissime alle vittime. La polizia locale sarebbe stata presente e avrebbe permesso che l’attacco avesse luogo». Inoltre, Survival International spiega che è ormai da molto tempo che i Gamela ricevono minacce di morte come risposta ai tentativi di far ritorno alla loro terra natia.
E non smettono di provarci. Il Conselho Indigenista Missionário (Cimi) si esprime attraverso la dichiarazione rilasciata da Zilmar Mendes, leader dei Gamela di Quilombo Charco-Juçaral: «La gente si sbaglia se pensa che uccidendoci metterà fine alla nostra lotta. Se ci uccidono, cresceremo ancora, ci spargeremo come semi e germineremo in molti luoghi. Né la paura, né i proiettili degli allevatori potranno fermarci».
L’attacco di cui stiamo dando notizia arriva, come Survival fa del resto notare, proprio qualche giorno dopo le proteste degli indigeni a Brasilia, contro le proposte di emendamento alle leggi sui popoli indigeni del Paese, le cui conseguenze potrebbero divenire disastrosi per questi popoli. La prima minaccia contro la quale infatti essi devono fare i conti riguarda il furto di terra da parte di società industrializzate di tutto il mondo che li privano deliberatamente del suolo per trarne profitto.
Stephen Corry, direttore generale di Survival International, non nasconde la sua preoccupazione in merito e dice: «In questo momento, stiamo assistendo al più grave attacco agli Indiani brasiliani da decenni. Questo terrificante episodio è sintomatico di un attacco crudele e prolungato che sta annientando le comunità indigene del Paese. Atti efferati come questo non avranno fine sino a quando i responsabili non saranno perseguiti e il Brasile inizierà a rispettare i diritti territoriali dei popoli indigeni, come previsto dalla legislazione nazionale e internazionale»