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Volontariato: le donne sono penalizzate?

Le donne hanno più difficoltà nel dedicarsi al volontariato a causa di impegni domestici o stereotipi? E’ questa la domanda alla quale ha cercato di dare risposta la ricerca pubblicata dall’Ufficio statistica della Provincia di Lucca in convenzione con Fondazione Volontariato e Partecipazione, ed è proprio intorno a questa domanda che è stato incentrato l’intervento del Ciessevi (Centro servizi per il volontariato di Milano) durante un incontro che rientra nel ciclo “L’Europa è per le donne” promosso dall’Ufficio d’informazione del Parlamento europeo a Milano.

In sintesi lo studio fotografa una donna meno impegna dell’uomo in termini numeri, ma più attiva dal punto di vista delle ore dedicate al volontariato.

La ricerca lucchese è basata sui dati dell’indagine Istat sugli Aspetti della Vita Quotidiana condotta nel 2013 che, su un campione nazionale rappresentativo di oltre 40mila persone di età superiore ai 14 anni, evidenzia una rappresentanza femminile nel mondo del volontariato pari al 45%, quindi minore rispetto a quella maschile, escluse Sicilia e Sardegna dove i numeri sono inversi.

Quanto all’impegno orario delle donne nel volontariato, appare quantitativamente superiore (18,5 ore settimanali contro 15,4, 18% in più degli uomini), così come sulle tematiche viene scardinato il pregiudizio che le donne si dedichino di più a salute e sociale, perché in realtà prevalgono interessi civici, come diritti e cittadinanza attiva.
Decisamente negativo, invece, è il dato sulle posizioni di potere occupate dalle donne nel volontariato. Così come avviene solitamente nel mondo del lavoro, anche in questo contesto il gentil sesso fa fatica a raggiungere posizioni apicali, che sono ricoperte al 70% da uomini.

C’è poi un aspetto molto interessante che viene analizzato nella ricerca e merita di essere menzionato. Alla domanda sul perché la donna si dedichi al volontariato – contrariamente a quanto gli stereotipi possano raccontare, ossia che la donna è portata a fare la “crocerossina” o l’”angelo del focolare” – le risposte fornite a larga maggioranza sono: “per occasione di crescita professionale e per creare opportunità di lavoro” e “per acquisire competenze utili per il lavoro”. «La donna si impegna, a differenza dei maschi, con l’intenzione di una crescita di skill personali e professionali», evidenzia la ricerca, «probabilmente rispondendo a un senso di precarietà generato da un mercato del lavoro che nel nostro Paese presenta delle barriere di genere ancora evidenti».

Infine sembra che neanche la disoccupazione allontani le donne dal volontariato, così come accade per il genere maschile. Al contrario, infatti, la donna riesce a cogliere nel suo impegno sociale e civico un’opportunità di formazione, crescita e arricchimento personale e del curriculum.

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Redazione