Da una ricerca, pubblicata da Cesvot in un libro dal titolo “Volontariato e welfare rurale. Uno studio per progettare nuovi servizi”, si parte ponendosi una domanda: può il volontariato migliorare la vivibilità e lo sviluppo nelle aree rurali del nostro Paese? A questa domanda hanno provato a rispondere Fabio Berti, Andrea Bilotti e Lorenzo Nesi, tutti studiosi dell’Università di Siena.
Lo studio ha coinvolto 3 laboratori e 21 associazioni di volontariato locale impegnate in materia e sociale e socio-sanitaria. Un’idea estremamente innovativa quella di conferire ai territori rurali un connotato di vera e propria risorsa per i cittadini che abitano i luoghi, così da diventarne un punto di riferimento vero e proprio.
La stessa Agenzia nazionale per la coesione territoriale ha messo in evidenza, non a caso, come le aree decentrate rappresentino una parte ampia del Paese – più o meno tre quinti del territorio per un quarto della popolazione – e dalle caratteristiche molto varie al proprio interno, con un gran potenziale di attrazione.
Stando alla ricerca Cesvot il volontariato locale, in questo senso, sarebbe un ausilio molto importante per la co-progettazione, in grado di generare un vero e proprio “welfare rurale” che andrebbe, peraltro, a contrastare il calo demografico che si evidenzia con sempre maggiore forza nelle aree di campagna, contrastando anche la crisi socio-economica che nelle zone più periferiche si avverte con maggior rilevanza.
Gli autori dello studio affermano in tal proposito qualcosa di molto interessante: «In queste aree a bassa densità di servizi esiste una fitta rete di piccolissime, piccole e medie organizzazioni di volontariato che talvolta da secoli si prendono cura dei bisogni e delle domande delle persone, delle famiglie e delle comunità locali. Il punto è riuscire a tradurre quel potenziale di ricchezza sociale che risiede nell’economia civile, cioè in quell’ampia gamma di iniziative imprenditoriali e di volontariato che erogano servizi alla persona, in crescita economica, in miglioramento della qualità della vita, in tutela della biodiversità e, dunque, in sviluppo delle aree rurali».
Ed hanno ragione a ben riflettere. Da sempre la aree rurali sono famose per essersi dimostrate molto unite e coese, veri e propri centri solidali spontanei, storicamente pronte a darsi una mano vicendevolmente.
Chiaramente, non può esistere progetto che parta senza un investimento in energie e risorse sugli aspetti prioritari della questione. A partire dal parere delle associazioni coinvolte nello studio si è posta la necessità di provvedere a una formazione studiata ad hoc, più completa insomma, dei volontari. Bisogna poi fare i conti con una frammentazione del territorio che pone il problema relativo al rischio di isolamento, unitamente alla sempre più diffusa tendenza alla fuga verso le città da parte dei giovani.
Altro aspetto importante da tenere in certa considerazione, riguarda il rafforzamento delle sinergie tra profit e no profit, due mondi con aspetti che, integrandosi, andrebbero a generare ricadute positive sulla valorizzazione del territorio e sul turismo. In maniera particolare l’agricoltura sociale, secondo il gruppo di ricercatori, avrebbe le potenzialità più importanti per generare un sistema virtuoso di economia sociale e welfare rurale.