Oggi circa un quinto del territorio nazionale italiano viene ritenuto a rischio desertificazione. Si tratta del 21% del territorio, del quale almeno il 41% si trova nelle regioni dell’Italia meridionale, come Molise, Campania, Basilicata, Puglia, Sardegna e Sicilia, ma sono coinvolte anche aree in altre regioni come l’Emilia-Romagna, le Marche, l’Umbria e l’Abruzzo.
Sono questi i dati messi in luce lo scorso sabato, in occasione della Giornata mondiale contro la desertificazione, da Wwf che lancia un grido d’allarme per salvare il pianeta prima che sia troppo tardi.
«La siccità che sta attanagliando numerosi bacini idrici italiani rende necessaria e urgente una reazione operativa», sottolinea l’Associazione, «perché ormai i grandi cambiamenti globali scatenati dalla nostra continua pressione, non solo sono accelerati, ma sono sempre più interconnessi. È ormai evidente l’intreccio degli effetti del cambiamento climatico con quelli del fenomeno della desertificazione, rispetto ai quali è urgente un’azione coordinata. Il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici predisposto da numerosi autorevoli specialisti coordinati dal Ministero dell’Ambiente ed in via di approvazione definitiva non potrà non andare in questa direzione».
Gli esperti mettono in guardia, infatti, che entro la fine del secolo potrebbero verificarsi incrementi di temperature tra i 3 e i 6 °C con conseguente estremizzazione di fenomeni meteorici e quindi anche riduzioni, in diverse aree, delle precipitazioni, soprattutto nei periodi estivi ed è evidente che le problematiche climatiche e quelle relative alla desertificazione saranno sempre di più intrecciate.
Già oggi si assiste all’aumento di temperature, con estati molto più secche che in passato e inverni decisamente più umidi, soprattutto nelle regioni settentrionali. E questo, in un territorio complesso e fragile come quello italiano, contribuisce a provocare frane, alluvioni e magre dei fiumi, con effetti importanti per l’assetto territoriale e i regimi idrici.
Secondo i dati più recenti, in Italia, utilizziamo oltre il 30% delle risorse rinnovabili d’acqua disponibili nel nostro Paese che sono ben superiori alla soglia del 20% indicata dall’obiettivo europeo (Europa efficiente nell’impiego delle risorse): per questo, l’Italia è indicato dall’OCSE come Paese soggetto a stress idrico medio-alto che, inoltre, presenta una forte disomogeneità rispetto alla distribuzione delle risorse idriche e al loro fabbisogno.
«Gli impatti del cambiamento climatico», aggiunge Wwf, «sono sempre più forti sia sugli ecosistemi e i processi ecologici, sia sui singoli organismi, sulla struttura e dinamica delle popolazioni, sulla distribuzione e migrazione delle specie, sulla produttività degli ecosistemi, costituendo una crescente minaccia per la biodiversità del nostro Paese. L’Italia sta quindi subendo impatti crescenti dovuti all’accelerazione dei cambiamenti climatici globali che avranno conseguenze sempre più negative sugli ecosistemi, sulla nostra società ed economia, rispetto ai quali non solo è necessario ma urgente intervenire».
A rischio oggi sono anche le Oasi Wwf colpite dalla siccità. La vegetazione di alcune aree gestite dal Wwf, infatti, è già in stress idrico avanzato. Si stanno comunque monitorando le condizioni per prevenire incendi o danni alla fauna.
Di seguito alcuni esempi forniti dall’Associazione.
- Riserva naturale di Ripa Bianca (Marche). Pochissima acqua nel fiume. Livello falda/lago molto basso.
- Riserva naturale di Valle Averto (Veneto). Attualmente la situazione è di allerta. In caso di scarsità d’acqua, potrebbero esserci seri problemi di anossia nei canali interni con la conseguente moria di pesce all’interno dell’oasi.
- Oasi di Macchiagrande (Lazio). Situazione molto critica; le specie vegetali nella lecceta – soprattutto gli allori – evidenziano stress idrico e termico notevole. Le pozze temporanee non si sono mai riempite, a testimonianza che la falda è molto bassa. Stagno con livelli d’acqua al minimo.
- Riserva naturale degli Orti-Bottagone (Toscana). Il Bottagone è ai livelli di acqua che di solito si riscontrano ai primi di luglio, tempo un mese e sarà prosciugato. La parte più a sud è quasi del tutto in secca. Stiamo intervenendo manualmente sul fosso principale di arrivo per ricreare un minimo di ripristino del livello dell’acqua.
- Monumento naturale Pian Sant’Angelo (Lazio). Stress idrico elevato del sottobosco, comprese le specie più mediterranee. Bacche e frutti (prugnolo, rosa canina…) secche prima di arrivare a maturazione. Le poche pozze di fango sono secche, la forra resiste solo per l’apporto di una piccola sorgente.
- Oasi di Persano (Campania). la situazione è critica da metà maggio, con il livello del lago un metro e mezzo sotto il livello massimo.
- Oasi di Alviano (Umbria). Evidente stress idrico per le piante del bosco, ma la situazione in palude è ancora accettabile.
- Riserva naturale Lago di Burano (Toscana). Livello del lago molto basso
- Riserva naturale Laguna di Orbetello (Toscana). Pozze interne d’acqua dolce prosciugate. Piante con stress idrico.