Dalla grande barriera corallina del Belize, alla foresta pluviale di Sumatra, il Coto Donana e la Riserva di Selous in Tanzania, il Lago Turkana in Kenya, la Foresta Dong Phayayen_Khao Yai in Tailandia, fino ad arrivare al Delta del Po, la Laguna di Venezia e le isole Eolie: sono tra i siti a rischio a causa della attività umane. Questo è quanto denuncia il rapporto “Proteggere gli uomini salvaguardando la natura” realizzato dal Wwf, secondo il quale su 229 siti dichiarati patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco, 114 sono minacciati da attività industriali di varia natura tra cui esplorazioni di petrolio e gas, attività minerarie e taglio illegale di legname. Il danno è ancora maggiore se si considera che queste aree forniscono servizi naturali e sostentamento a molte popolazioni.
Tale rapporto evidenzia come l’insieme dei siti inseriti nella lista dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) concorrano allo sviluppo economico e sociale grazie alla tutela ambientale e segnala anche una mancata protezione di queste aree di grande valore al livello mondiale. L’Unesco, che certifica questi siti dietro richiesta degli Stati, non ha infatti il potere di costringere i governi a proteggerli.
Come ha dichiarato il direttore generale del WWF Internazionale, Marco Lambertini: «I siti considerati patrimonio mondiale dovrebbero essere tutelati dal più alto livello di protezione: purtroppo siamo spesso incapaci di salvaguardare questi importanti tasselli del Pianeta. Siamo tutti d’accordo sul fatto che questi sono siti unici e preziosi per l’intera umanità, ma è necessario uno sforzo comune per rendere queste aree capaci ancora di provvedere al benessere delle popolazioni e della natura».
Particolare attenzione merita il sistema di barriere coralline del Belize in quanto è fortemente minacciato dalle attività di estrazione petrolifera. Il benessere dei 190.000 abitanti che popolano la zona che deriva dal turismo e dalla pesca è messo in pericolo da diversi fattori quali: costruzioni lungo le coste, taglio esteso di mangrovie, attività agricole, esplorazioni petrolifere. Attualmente le concessioni sono scadute ma il Governo ha comunicato l’intenzione di riaprire le concessioni off-shore.
Tra le varie richieste nel report vi sono quelle al settore privato affinché eviti di impegnarsi in attività che possano distruggere tali aree e poi quelle al settore finanziario affinchè non investa in progetti potenzialmente pericolosi.
Dal report emerge infine che, benché queste aree coprano appena lo 0,5% della superficie del Pianeta, sono in grado di sostenere 11 milioni di persone. Due terzi dei siti naturali sono cruciali per l’approvvigionamento di acqua e il 90% garantisce posti di lavoro.